Rassegna storica del Risorgimento
DEGLI AZZI GIUSTINIANO
anno
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1962
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pagina
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107
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LIBRI E PERIODICI
ADA ANNOISI, L'Europa nel pensiero italiano del Settecento; Milano, Marznrati, 1959, in 8, pp. XTX-611. L. 4000.
Son passati ormai trentanni all'incirca da quando Arrigo Solmi scriveva, con con* vinzione sincera, che la decadenza da noi aveva appena toccato il fondo con le generazioni che separano il Galilei e il Tassoni dal Vico e dal Muratori e già nelle sopite energie si risvegliava il fuoco del pensiero civile , ma per forza intima, senza inframettenze straniere . E che il nostro settecento abbia avuto radici del tutto autonome fu ripetuto d'allora dalla nostra storiografia sin almeno alla conclusione dell'ultima guerra. Va data lode pertanto ad Ada Annona che in un ponderoso volarne si è proposta, sulla base di una vasta documentazione, di discernere quali antichi ricordi, quali echi moderni, quale voce nuova abbia suscitati nel nostro pensiero settecentesco il pensiero europeo dell'epoca. E un lavoro in verità un po' disperso e le cui attestazioni non sempre, come vedremo, si possono accogliere con supina adesione; ma, specialmente nella seconda parte, è ricco di fermenti vitali e di intuizioni penetranti ed è condotto (ciò che pure conta) con lindura e freschezza, spesso affascinante, di verbo.
Ben quasi due tersa dell'opera son dedicati alla ricerca dei giudizi formulati dagli scrittori nostri contemporanei sui caratteri, nei loro aspetti essenziali, della civiltà settecentesca presso i diversi popoli per individuare come essi l'abbiano veduta e sentita e, sovente, vissuta polemicamente. È una indagine, cui PAnnoni si è accinta con impegno, indubbiamente interessante e che può soddisfare la nostra curiosità, poiché sull'argomento non si avevan sino ad oggi che saggi particolari e con materiale non sempre sufficientemente elaborato; ma è cosi minuta e con un'esposizione in più luoghi non organamente articolata poiché a vedute acute di alcuni tra gli uomini più intelligenti del secolo si alternano apprezzamenti dettati solo da simpatie momentanee o da posizioni rigide e, peggio, sentenze saccenti di mestieranti che con prosopopea ripresentano schemi disusati, sicché sarebbe compito lungo e arduo volerne cogliere, sia pure succintamente, le risultanze fondamentali. Ci fermeremo piuttosto sulle pagine che seguono, le più salde del libro, a dir la verità, anche sotto il riguardo metodologico, e le più redditizie, nelle quali l'A., con gran copia di prove per lo più sicure, ci fa conoscere in qual modo la nostra coltura settecentesca, abbandonata, per impulso d'oltralpe, l'idolatria egocentrica tradizionale si sia affacciata al mondo rinnovato senza venir meno peraltro alle proprie caratteristiche e alla propria continuità storica.
All'inizio del secolo l'occhio nostro indugia ancora sul passato, anche se guarda di già con attenzione al movimento, che si fa man mano più grandioso, dell'illuminismo straniero. È un periodo assai degno di considerazione, perchè, come assennatamente avverte l'A., se ancora perdura l'erudizione chiusa in sé, per altro gli scrittori maggiori già si orientano verso sconfinate visioni della storia , verso larghi quadri dell'evolversi, del mutarsi, del ripetersi del pensiero e dell'azione umana . E accanto alla storia, che si va uniformando al metodo delle scienze nuove, son coltivate fruttuosamente la filologia, l'economia, il diritto. Campeggiano nel primo cinquantennio alcune figure eminenti, che l'A. delinea con tocchi a volte avvincenti. Cosi il Vico, ch'ella ci presenta come proteso verso mondi diversi, i quali, per il simile sviluppo e l'eterno valore dello spirito umano, nel suo pensiero si riprendono e si riallacciano, annullando gli oceani che li divisero e i secoli che portarono oblio . E la sua concezione si allarga dagli individui alle nazioni e all'umanità in cerchi concentrici perpetuamente in moto, come le onde circolari si allargano alla superficie dell'acqua riformandosi, dilatandosi, propagandosi in un continuo affiorare . Diverso ella vede il Gì annone, e profondamente, per idealità e per intenti, perchè questi è dominato del tutto da un problema politico e da un ardore di lotta, mentre il Vico studia tutti i problemi esclusivamente entro una superiore comprensione umana. Perà anche per il Giannonc hi storia è l'unico punto di riferimento e la pietra di paragone