Rassegna storica del Risorgimento

DEGLI AZZI GIUSTINIANO
anno <1962>   pagina <108>
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108 Libri e periodici
della verità della sua polemica, anche se (mi permetto di aggiungere per chiarire il valor vero dell'opera sua) egli pecchi sovente di disuguaglianze fermali, d'incertezze cronologici) e, se non di plagi propriamente detti, dei quali ancor è accusato tutl'oggi, indubbiamente di un uso delle fonti sin troppo spregiudicato Egregiamente è pure dal 1*Annoili rievocata la gigantesca impresa del Muratori, che destò l'ammirazione del secolo per aver ridonato alla cultura un immenso patrimonio in gran porte ignorato o mal conosciuto e, segnata­mente, per aver posto in giusto rilievo il principio che da lui s'inizia (in realtà già c'era nel Vico, ma in senso diversissimo) di quel processo di valorizzazione del medioevo che incon­trerà tanta fortuna nel secolo successivo. Ma non direi, come afferma l'A., che già in lui fan capolino quei caratteri nazionali verso i quali vieppiù vigile convergerà l'attenzione ottocentesca. In nessun scritto suo si ritrovano accenni, aia pur vaghi, di aspirazione al­l'indipendenza della nazione. Egli condanna, sì, la ragion di Stato , tant'è che tutta la vita consacrò per richiamare i principi al dovere di procurare la pubblica felicità ; ina con lui, checché si dica, siamo ancora, politicamente, in pieno paternalismo. Non si ricada, per carità, nel mito professato dal Rota, il quale vedeva rappresentato nei Rerum Italicarum il primo simbolo della patria composta in unità nelle sue tradizioni, nelle memorie, negli eventi. Ma dalla seconda metà del secolo, allorché per il trionfo del cosmo­politismo par si debba procedere all'annullamento delle barriere tra i popoli facendo unica patria l'umanità, sì che tutti gli uomini sien legati da una comune collaborazione, anche da noi i valori tradizionali della cultura vengono negati o accantonati con indifferenza e son lasciati cadere liberamente i problemi della ricerca archivista e dell'erudizione, poi­ché tutto l'entusiasmo è ora rivolto olle scoperte scientifiche ed unanime divien hi fede nei principi della ragione applicata alla vita dei popoli E l'è tà pure per noi della filo­sofia ; età, sovrattutto negU ultimi decenni, di alacre inusitato fervore, diffuso per altro, particolarmente, negli Stati soggetti allo straniero (Milano, Napoli, Firenze, Parma) ove i principi furon mossi sulla via delle riforme dall'esempio d'oltr'alpc; ma più tardivamente e lentamente negli antichi Stati indigeni. Cosi nel Piemonte, ove, contrariamente alle lodi che gli tributa l'Arnioni, sulla scia di lavori ormai superati, tutto fu in arretrato: e le rifor­me, talché, come dimostrò di recente il Demarco, ancora nel 1815 le proprietà terriere di vaste aliquote eran detenute dagli enti ecclesiastici, e le bonifiche, che procedevano a tutto vantaggio dei privati; e la cultura, che ebbe sì, come io stesso su questa rivista ho anni fa ricordato, qualche ravvedimento per interessamento di giovani patrizi, ma, nel complesso, fu prevalentemente accademica, rettorlca ed erudita, indifferente, o quasi, ai molteplici problemi di economia e di scienza che si dibattevano vivacemente allora specialmente in Inghilterra. D'altronde la cosa trova ora piena conforma nell'ampio, esemplare saggio di uno storico insigne, il Vnlsccchi, uscito quasi contemporaneamente a quello dell'Annoili, e su di argomento quasi consimile (fa porte della collana volume VII della Storia d'Italia illustrata , edita pure dal Mondadori), nel quale è detto, tra l'altro, che il Pie­monte era ancora nel settecento nella fase dell'illuminismo pre-illuministico e perciò ancor lontano, come Genova e Venezia, dallo spirito nuovo che tutto voleva modificare e riformare.
Il secondo periodo, a detta sagace dell'A., non segna, come si potrebbe pensare, rispetto al primo un allargamento di visione, ma piuttosto uno spostarsi della cultura e del pensiero e quasi un restringersi del campo della speculazione, un delimitarsi voluto ih atteggiamenti spirituali razionali ed universalistici, nei quali non è difficile ravvisare il riflesso frequente dell'illuminismo francese, ma (aggiungo io) forse, per alcuni aspetti, maggiormente ancora, di quello inglese. L'agricoltura, le finanze, il commercio, l'arte di governare i popoli sono gli oggetti che particolarmente occupano i letterati e i cosiddetti pensatori, le cui opere acquistano una singolare importanza per l'appunto per la varietà dei motivi che si intrecciano nel loro eclettismo. Ma lo spirito eclettico italiano muta di modi secondo le regioni; cosi il milanese si differenzia di molto dal meridione, poiché il primo é pia pratico e realistico, e piò. limitato, mentre il secondo, anche per la diversa natura dell'ambiente in cui si svolge, è più teso a dimostrare che a polemizzare. La diffe­renza si fa più evidente se si mettono a confronto, ad esempio, Pietro Verri e il salernitano