Rassegna storica del Risorgimento

DEGLI AZZI GIUSTINIANO
anno <1962>   pagina <127>
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Libri e periodici 127
con l'ormai sperimentato atteggiamento dei partiti marxisti nei confronti dei gruppi dell'estrema democrazia laica, non tiene a sufficienza conto né dello sforzo compiuto dal socialismo italiano per conquistare a se stesso la propria autonomia né dell'impegno dell'ideologia marxista protesa alla dimostrazione della sua profonda e sostanziale etera genetta dal positivismo. Protagonista di questo momento centrale della storia del socia­lismo italiano fu Antonio Labriola che fu il primo ad impostare coerentemente il pro­blema di una cultura socialista quale anello di congiunzione tra fenomeni spontanei e coscienza sviluppata dalla rivoluzione proletaria (lettera ad Engels del 30 marzo 1891). Il rifiuto dell'accordo coi partiti affini traduceva in termini politici il forte bi­sogno di chiarezza avvertito in sede culturale ed il proposito di dar vita ad mia vera schiera di intellettuali marxisti non più imprigionati entro gli schemi di una ideologia estranea nelle origini e nelle applicazioni: di qui la risoluta rottura del Labriola con il positivismo e le sue replicate polemiche contro chi intendeva ad ogni costo mettere Spencer e Darwin insieme con Marx e confondere la dialettica del materialismo storico con quella, direi quasi, malattia cerebrale, che da più anni ha invaso i cervelli di quei molti italiani che par­lano ora di una Madonna evoluzione e l'adorano (lettera al Turati del 5 giugno 1897).
Ora perchè non vedere nel giudizio negativo di Croce sull'età del positivismo ita­liano e, meglio ancora, nell'impostazione che egli dà alla natura dei rapporti tra dot­trina positivistica e socialismo marxista, l'eco delle battaglie del Labriola e comunque la traccia di un'antica e sia pure breve conformità di vedute? In tal modo, se non altro, ci saremo resi conto a pieno delle ragioni che ispirarono quel giudizio e quell'imposta­zione sicché ad accettarli o a respingerli si renderà necessaria una più sensibile misura ed una discussione più cauta ed attenta.
Ma la raccolta e l'introduzione del Ganci si rivelano largamente dotate di spunti e proposte stimolanti anche quando ci si pone da altri punti di vista. I carteggi di Pantano e Ghisleri (ved. ora per quest'ultimo La scapigliatura democratica. Carteggi di Arcangelo Ghisleri 1875-1890* a cura di PIER CABLO MASESI, Milano, Feltrinelli, 1961) chiariscono con ricchezza di particolari la dialettica interna del partito repubblicano diviso tra intransigenti e possibilisti ed impegnato in un attento lavoro di rinnovamento delle sue premesse ideologiche il quale approdava ad una sostituzione delle dottrine maz­ziniane con quelle più positive del Cattaneo e ad una più vigile e concreta coscienza dei problemi sociali.
Le lettere del giovane Turati nonché quelle del Ferri e del Prampolini giovano non poco alla messa a punto dei problemi più vivacemente discussi in seno alla nostra cul­tura positivista: la strugglé for life, i concetti biologici di evoluzione e di selezione, Spen­cer e Darwin, in polemica con gli scienziati di fede conservatrice, venivano trasferiti sul piano politico ed utilizzati per la conferma della concezione progressista della storia; il dibattito, aperto all'interno stesso della dottrina, provocava un'ulteriore specificazione ed arricchimento dei suoi temi e sciogliendone l'originale rigidezza la rendeva capace di più duttilmente aderire ai bisogni della società italiana in crisi di sviluppo. Al rigoroso deter­minismo dell'antropologia criminale lombrosiaua veniva in tal modo sostituita la più acco­rata ed umana considerazione dei fattori dell'ambiente sociale e la miseria e l'arretratezza economica prendevano il posto delle deformazioni fisiche e psichiche nella criologia del delitto. Crisi del positivismo o crisi nel positivismo ? H Ganci non dubita, e a ragione, che tutti gli elementi della polemica possano essere ricondotti ad una storia interna del mo­vimento; ma intanto è impossibile non riconoscere che il rifiuto delle tesi lombrosiane e la ricerca di responsabilità più storiche e umane implicavano un riesame e un approfondi­mento del concetto di libertà così rigorosamente sequestrato dalle interpretazioni positi­vistiche e che la scienza stessa cessava di contare come un valore univoco e rettilineo e cominciava a presentarsi con una complessità non scevra di ombre e di contradizioni. Il Colajanni, sostituendo all'atavismo fisico del Lombroso e del Ferri un atavismo mo­rale e interpretando in chiave psicologica la legge di Ilarckcl, respingeva deliberata­mente il postulato centrale del positivismo sulla dipendenza del mondo psichico da quello biologico e fisiologico e poneva in discussione i rapporti che la scienza del tempo sta-