Rassegna storica del Risorgimento
DEGLI AZZI GIUSTINIANO
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1962
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pagina
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129
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Libri e periodici 129
di tipo operaio e anticapitalistico al problema sociale dalle campagne. Il movimento di Soresina, del quale possediamo in questo libro la narrazione completa dagli inizi del '900 fino ai documenti che ne sancirono le sorti ultime, va inserito nel quadro di un'esperienza sindacalo bianca che fra il 1919 e il 1921 assunse nelle campagne una ampiezza e una radicalità eccezionale. Il programma di una partecipazione dei contadini agli utili, stabilita contrattualmente nel Cremonese, fu parte integrante delle lotte condotte dai contadini bianchi anche nella Toscana, nel Veneto,, in altee Provincie: e se alla direzione del movimento eia interpretato in senso interclassista, tra le mosse sicuramente, in quel momento dato, esso venne inteso come il primo passo per l'espropriazione della classe capitalistica. Il lavoro dello Zanibelli affronta dunque un episodio non solamente locale né eccezionale. Esso rappresenta un contributo valido per la conoscenza dell'azione sociale dei cattolici in Italia nei tempi più recenti. ALBERTO CAmcCiOW)
LUIGI CORTESI, La costituzione del partito socialista italiano; Milano, Edizioni Avanti!, 1961, in 16, pp. 314. L. 1000.
Nell'ambito di una vasta storia del movimento operaio italiano, costituita da monografie coordinate da Gianni Bosio ed elaborate con intenti divulgativi ma su basi rigorosamente scientifiche e documentarie, il Cortesi affronta il nodo cruciale, accentrato nello spazio di poche settimane, della fondazione del partito. L'A. è, tra i giovani storici marxisti, non solo uno dei più provveduti filologicamente, ma soprattutto tra i più aperti e sensibili agli aspetti propriamente culturali, e talora intellettualistici, dei più complessi fenomeni politici. Né tale sua felicità si smentisce in questa sede, allorché la divergenza d'opinione tra il Turati e il Labriola gli impone un meditato giudizio, che procuri d'intendere le remote scaturigini culturali ed i prossimi motivi d'opportunità politica di tale dissenso. L'A. fa giustamente di Turati il protagonista, l'artefice incontrastato del grande risultato organizzativo, mettendo in luce l'intransigenza marxista e spesso anche il rigore terminologico della sua azione, estremamente perseverante e minuziosa. Si tratta, in realtà, di un breve e denso periodo non più di tre anni nell'iter politico del leader milanese, durante il quale le nebbie dell'umanitarismo positivista e di certo riformismo genericamente paternalista cedono il campo ad un lucidissimo e tagliente orizzonte polemico. Esso si enuclea in molteplici direzioni e contro differenti obiettivi, ciascuno dei quali, peraltro, recava con sé istanze non trascurabili, il cui esaurimento, più o meno violento, si ripercuote non sempre felicemente sulle posteriori vicende del socialismo italiano.
Cosi dicasi, innanzi tutto, per la controversia, appunto, col Labriola in merito alla maturità del proletariato in Italia per un'organizzazione partitica. Turati fece prevalere il criterio dell'opportunità politica, e quanto a ciò non può negarsi la felicità singolare della sua perspicacia. La nuova prospettiva di sinistra fatta balenare dal Giolitti aveva infatti introdotto in seno al radicalismo germi di disorientamento e disgregazione destinati ad aggravarsi rapidamente. Sicché urgeva raccogliere e potenziare gli strati popolari dell'elettorato democratico, sottraendoli alla concorrenza conservatrice e cattolica, e rafforzandoli con un'organizzazione economica fornita di salda e distinta coscienza politica: creare cioè un'opposizione di massa che non fosse ancora alternativa di potere ma che sapesse distinguersi per la sua intransigente autonomia e per l'ispirazione classista. Precisamente su questi elementi insisteva il Labriola, negando che il socialismo italiano fosse in grado di prefiggersi una propria determinata tematica da sviluppare con metodo rigoroso. I pericoli del tatticismo, del confusionismo, del gradualismo, ossessionavano il filosofo cassinese, e proprio le vicende successive al trionfo dell'ostruzionismo avrebbero legittimato queste preoccupazioni. L'immaturità ideologica e culturale, la scarsezza di coscienza classista rivoluzionaria, furono infatti i principali tra i motivi ohe, sul terreno politico, frenarono lo slancio espansivo del socialismo, nell'atto stesso in cui il riformismo governativo sembrava confermare la forza irresistibile dell'organizzazione economica*
Profondamente antistoriche, viceversa, ma non perciò del tutto trascurabili, le esigenze fatte valere dal Costa e dagli anarchici (completamente asfittico appare al contrario