Rassegna storica del Risorgimento

GIANSENISMO
anno <1962>   pagina <568>
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Alberto Aquarone
E si giunge così, inevitabilmente, all'ultimo anello della polemica aiitigiaiisemsta, frutto sia della logica interna di ogni polemica, che con­duce, specialmente se si prolunga nel tempo, entrambe le parti avverse a rincarare senza tregua il numero e la gravità delle accuse, sia della radi-calizzazione degli eventi stessi, con la caduta della monarchia e l'esecu­zione di Luigi XVI, con il Terrore e la guerra portata al di là delle frontiere della Francia, con la crescente diffusione al di qua delle Alpi delle dottrine rivoluzionarie e le prime congiure, i primi processi, le prime condanne; si giunge cioè a quell'equazione giansenisti-giacobini che trovò la sua più recisa teorizzazione nelle opere del Bolgeni e del Bottazzini per pesare poi notevolmente, sia pure per vie indirette, anche sulla storiografìa successiva.
Per i pubblicisti cattolici specializzati nella polemica antigiansenista, quest'equazione costituiva un'arma ben comoda e di grande effetto per schiacciare una volta per sempre, sotto il peso di così infamante accusa, gli avversari, per quanto violentemente questi potessero protestare indi­gnati contro di essa. Ma, è chiaro, non si trattava di un puro espediente polemico, di un ricorso in mala fede ad una consapevole distorsione dei fatti e delle dottrine. Alla base' di quest'accusa di giacobinismo c'era sopra tutto la convinzione che a medesime cause non potevano che seguire medesimi effetti, che a prescindere dall'esistenza o meno di una vera e propria congiura contro il trono e Faltare, a prescindere ancora dall'effettiva volontà rivoluzionaria dei giansenisti (anche se, naturalmente, era neces­sario, nell'attività di propaganda religiosa e politica, dare per scontata questa volontà), da un certo corpo di dottrine e da una certa prassi non potevano che discendere certe conseguenze; conseguenze che minacciavano l'Italia, come l'Europa intera, non meno della Francia, se e in quanto anche quelle ospitassero i fautori di tali dottrine, gli aderenti ad una tale prassi. Cosicché per esempio il Guasco, contemplando con ansia lo spettacolo dell'a­vanzata dei cosi detti riformatori della Chiesa, ammoniva nel suo Dizionario'.
In oggi hanno alzata la testa (e certo questa insurrezione viene dal Cielo; mulatto dexterae Excelsi), onde giustificano il presagio di G-. G. Rousseau e for­mando un, Club Giansenistico, concorrono al pari de' Calvinisti alla sanguinosa,
]) G. Bor.CEwr, Problema se i giansenisti siano giacobini, Roma, 1794; F. M. BOTTAZZT, 11 nemico del trono smascherato nelle Lettere teologico-poìUicha sulla presente situazione: delle cose religiose, Roma, 17.9't. Entrambe queste opere fu tono scritte in risposta olle Lettere teologiche-polidclia del Tamburini, di cui verrà trattato più avanti. Sempre a proposito delle Lettere del teologo bresciano il Giornale ecclesiastico di Roma del 24 gennaio 1795 scriveva: Eccoci dì nuovo a ribattere un chiodo, che importa molto di bene impri­mere, e che le circostanze della storia attuale hanno condotto a quel grado di prova, che non poterono darne i maggiori, che ce lo dissero fin da un secolo l'ut vale a due che i giansenisti non credono nullo, mentre fingono di credere troppa: o come oggi si dice in più corta, he ì Giansenisti sono Giacobini.