Rassegna storica del Risorgimento
GIANSENISMO
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1962
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pagina
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Alberto Aquarone
consapevolezza democratica in alcuni strati almeno dell'opinione pubblica, preparare il terreno ad un costituzionalismo più o meno vasto nello Stato così come nella Chiesa. La battaglia dei giansenisti all'interno della Chiesa ha quindi un valore speciale, che trascende i limiti della Chiesa stessa. Come infatti, ha scritto in proposito l'Anzilotti si sostiene ora una diretta partecipazione dei fedeli alla vita religiosa e si afferma la legittimità d'interessi morali indipendenti di fronte all'assolutismo ecclesiastico; in egual modo fra breve si esigerà dai principi il riconoscimento della collaborazione dei sudditi alla vita pubblica e statale per la difesa dei loro interessi. H terzo stato comincia cosi a farsi strada: la libertà religiosa preannuncia quella politica; la democrazia nella Chiesa precede quella nella vita laica.1) questo un nesso che logicamente può apparire del tutto plausibile, ma che storicamente, almeno in tale forma semplicistica, ha acquistato ben scarsa concretezza. In effetti, né i giansenisti, prima dell'invasione francese, pensarono mai a trasferire sul piano politico e statuale la loro concezione di democrazia ecclesiastica, né a questa loro concezione, ma invece a ben altre fonti, attinsero coloro che in quel torno di tempo abbracciarono i princìpi democratici e cominciarono a meditare di dare attuazione anche in Italia ai fini ed ai metodi della Rivoluzione francese. Per la realizzazione del loro programma riformista i giansenisti, anzi, avevano sempre fatto affidamento essenzialmente sull'appoggio dello Stato assoluto e non vi era nulla nel loro programma, giurisdizionalista ed antiromano che indicasse una loro volontà di abbinare alla rigenerazione della Chiesa una riforma dello Stato, tanto meno una riforma basata sul principio della sovranità popolare. Scriveva il Palmieri al Ricci, in data 19 dicembre 1788:
Vado leggendo a squarci il Caralt. La prefazione non mi va del tutto a genio. Io son troppo nemico del patto sociale e perciò mi rincresce di vederlo nella prefazione. Non mi pare poi esatto che i diritti lutti dell'Impero provengono dal patto e che la Divinità non abbia fatto che confermarli ecc. S. Paolo mi par più preciso ed ancor più filosofico quando descrive la potestà come proveniente affatto da Dio .2)
dell'Assemblea degli Arcivescovi e Véscovi della Toscana tenuta in Firenze Vanno MDCCLXXX VII, Firenze, 1788, pp. 53 e sgg. Sull'influenza esercitata sul giansenismo italiano dal cosi detto parocirismo d'oltralpe teorizzato sopra tutto dal Le Gros e dal Maultrot cfr. E. PASBEHIN D'ENTHEVES, Corrispondenze francesi relative al sinodo di Pistoia del 1786i II. Lattare e memorie di giansenisti francesi, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, 1954, pp. 49-92.
J) A. ANZJLOTTI, Dal neoguelftsim aÌTidea liberale, cil., p. 235.
2) Cfr. . CODIGNOLA, Carteggi di giansenisti liguri, eie, vai. II, p. 133. Il Palmieri si riferiva all'opera Genuina Totius Jurisprudentias Sacrae principiai del canonista cistercense viennese Robert Caralt, pubblicata a Vienna nel 1781 e fatta tradurre e diffondere tra i snoi parroci dal Ricci." Princìpi genuini di tutta la giurisprudenza sacra, Prato, 1787. Gfr. per traeste notìzie E. CODIGNOLA, Carteggi digiansenisti liguri,di., voi. I, p. 561.