Rassegna storica del Risorgimento
GIANSENISMO
anno
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1962
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pagina
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589
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Giansenismo italiano e Rivoltinone francese 589
rono procedere di conserva con i principi, finché questi furono disposti, o sembrarono disposti a seguirli snl terreno delle riforme ecclesiastiche, con decisione maggiore o minore, *) i giansenisti non ebbero dubbi circa il sistema politico sotto cui vivevano ed operavano e non si rivelarono particolarmente sensibili alle idee, ai fremiti nuovi che pur cominciavano a percorrere la penisola, talora sotto lo stimolo autonomo di una rinnovata coscienza politica e culturale italiana, più spesso in seguito all'influenza di idee e di esempi d'oltralpe. E anche dopo che le sconvolgenti vicende di
ma gibbone alcune còse per diritto ecclesiastico, e per consuetudine (p. 9), e che essi, in vìrtii del divino carattere onde sono tutti egualmente investiti, hanno la potestà di stabilire gli altri vescovi della Chiesa di Cristo, di digerii e consecrarli secondo che il bisogno l'esigge; sebbene una tale potestà sia stata loro per legge ecclesiastica, non già tolta, ma soltanto infra certi limiti circoscritta (n. 11); e G. CAPECELATRO, Discorso storico-politico dell'origine del progresso e della decadenza del potere de* chierici su le signorie temporali e sul celibato del clero, Napoli, 1788, in cui si trova una risoluta requisitoria contro il celibato ecclesiastico, culminante nell'affermazione che sarebbe dunque desiderabile l'abolizione di una legge opposta ai primitivi titoli dell'umanità, e direttamente contraria alla vera felicità religiosa e civile (p. 36 della IH edizione, Napoli, 1863). Uno dei pia aspri attacchi alla Santa Sede ed alle sue usurpazioni si trova nel Dubbio sul Centro dell'Unita Cattolica nella Chiesa, pubblicato anonimo nel 1790, ma da attribuirsi al padre Martino Natali, con Zola e Tamburini una delle colonne del magistero giansenista a Pavia. Su di lui cfti/N. CALVINI, Il P. Martino fiatali giansenista ligure dell'Università di Pavia, Genova, 1940. Naturalmente, sia gli Opuscoli interessanti la religione, della cui pubblicazione era anima il Ricci, sia gli Annali ecclesiastici, non lesinavano le invettive contro Roma; tuttavia, non tutti i giansenisti condividevano il tono aggressivo e spesso insultante della polemica dei loro confratelli contro la Santa Sede ed il papa. Fabio De Vecchi, per esempio, cosi scriveva in proposito a mons. Zanobi Banchieri, suo assiduo corrispondente, in data 27 settembre 1784: Le Novello Ecclesiastiche [ossia gli .-trinali ecclesiastici] farebbero ancor esse del bene, e forse lo faranno presso di qualcheduno: ma sinceramente non è tollerabile la satira, che opportunamente ed importunamente da per tutto si legge verso alcune persone, e generalmente contro la Corte di Roma. I sarcasmi sono continui; se le attribuiscono in tutte le cose le più. sinistre intenzioni; non s'interpreta mai, non si scusa, non si difende il suo operato. Non si nomina se non per pungerla; e a questo med.o fine si fa entrare anche dove non entrerebbe. La distinzione di Corte di Homo, e di Roma capo e centro del Cristianesimo non è così ben conosciuta dalla maggior parte por averla sempre presente, e quindi ne nasce, chesi attribuisce all'una, ciò che appena potrebbe sostenersi dell'altra. Bisogna risparmiare la debolezza umana,, e se non si può ottenere il disinganno, senza cadere in un altro errore o ledere la carità, è meglio tacere la verità, ohe azzardarla alla discrezione per essere conculcata . Cfr. E. CODIGKOIA, Il giansenismo toscano, cit., voi. II, p. 107.
') Naturalmente, anche i giansenisti, all'atto pratico, erano a loro volta disposti a scendere a compromessi e a non porre direttamente l'accento, quando si passava alla fase della realizzazione, sulle punte piò estrème del loro programma. A questo proposito, è piuttosto divertente notare che il Notali, dopo aver appunto affermato che i giansenisti, a contatto con la realtà, misero molta acqua nel loro vino, osserva che dopo tutto essi si sarebbero uccotitentati di rifórme modeste, ossia d'un nuòvo ordinamento della Chiesa, con un pontefice che fosse soltanto vescovo di Roma, con un concilio universale per gli affari comuni, con tanti vescovi indipendenti per gli affari locali, con un clero sorvegliato dalla potestà civile. Quasi che tutto ciò rappresentasse un Complesso di riforme modeste ... Cfr. G. NATAM, // Settecento, cit., p. 331.
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