Rassegna storica del Risorgimento
GIANSENISMO
anno
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1962
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pagina
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592
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592 Alberto Àquarone
E Tanno seguente, Vincenzo Palmieri, 8 che fra i giansenisti fu, prima dell'invasione, tra i più ostili alla Rivoluzione francese e ai suoi principi, ribadiva in una sua lettera del 20 aprile 1792 al Ricci, da Pavia:
Sembrano questi assai olitici tempi per i Sovrani, Ora cominciano ad avvedersi dei nudi che bau prodotti i libri sediziosi dei sedicenti filosofi amici del* l'umanità, ma è alquanto tardi. Ella sa quante volte si è gridato per la libertà con cui si lasciavano stampare massime sediziose. Qui ora abbiamo degli ordini rigorosi, ma bisognava che fossero dati assai prima. Roma a buon conto sostiene l'empio libro di Spedaueri, capace a rovesciare ogni idea di Sovranità.2)
E poco dopo, in un'altra lettera al Ricci del 4 maggio 1792, insisteva:
.Anche qui si vanno di quando in quando arrestando dei Francesi sospetti, o rimandando addietro senza accordar loro il passo. Non so vedere come possa andar a finire, ma voglio sperare che non sarà altro. Peraltro dovrebbero i Sovrani conoscere quanto male facciano i libri e le massime sediziose che si spargono dagl'incoscienti ammiratori del preteso patto sociale, e dell'eguaglianza degli uomini. Si dice che anche il Papa abbia qualche apprensione per le sue coste marittime, e poi lascia stampare e correre il libro sedizioso di Spedalieri, per applicarsi a condannare la verità e buone massime. Chi può intendere abbastanza il mistero che è l'uomo?.3)
E a distanza di poco meno di un anno, sempre con il Ricci, se la prendeva di nuovo aspramente con le idee stravaganti di libertà e di eguaglianza:
Io son certo di non poter dar ombra osserva dopo aver accennato ad un padre Serra olivetano che era stato esiliato per le sue idee democratiche, stante il mio metodo di non parlar mai di tali cose, desiderando bensì che il
*>)' Su di lui cfr. E. CODICXOLA, Carteggi di giansenisti liguri, ài., voi. I, pp. IflPHlr-XXIII e XCIX-CH.
2) E. CODIGNOLA, Carteggi di giansenisti liguri, cit., voi. IT, p. 329. Eni convinzione abbastanza diffusa, negli ambienti giansenisti e nlogianseuisti, che la Curia romana non vedesse di malocchio quanto andava a detrimento del potere monarchico, in quanto ciò sarebbe andato a suo vantaggio, rafforzando la posizione della Santa Sede nei confronti dei governi civili. Interessante a questo proposito una lettera del Serraci in data 17 novembre 1797, pubblicata sia dai Forges Davanzali che dal Cigno, dal quale cito (p. 173): Monsignor mio caro, gli arresti che si Fanno da qualche anno in questo paese, contro i pifi virtuosi e i pio fedeli sudditi del re, che l'hanno difeso contro Roma col loro talento e hanno reclamato i dirli.ti della sua Corona, non è. che l'effetto di un'astuzia delle più: scaltre che la Corte di Roma ha fatto agire. Si disse costantemente che quando il re passò da Roma al suo ritorno da Vienna, il Papa gl*msinuò che tutti quelli che avevano scritto per lui contro la Santa Sede e che perciò si chiamano; regaiistii, non sono che nemici nascosti del governo monarchico; ch'essi credono, che avendo abbattuto la potenza pontificia, di poi sarà loro facile d'abbattere i troni, e stabilire il nuovo governo adottato in Francia; ohe bisognava far loro una guerra a morte. E S. Santità ha avuto la santa carità cristiana di dargli una nota molto dettagliata di questi regalisti. Avendo reso la Corte di Napoli sospettosa con queste suggestioni, il papa fa accusare i regalisti d'opinioni politiche dai suoi partigiani o dq altre persone ch'egli salaria; ed essi sono subito arrestati Cosi la Corte di Napoli, senz'accorgersene, serve essa stessa la vendetta della Corte dì Roma .
*) E. CODICKOA, Carteggi di giansenisti liguri, cit., voi. II, p. 330.