Rassegna storica del Risorgimento
GIANSENISMO
anno
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1962
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pagina
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593
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Giansenismo italiano e Rivoluzione francese 593
mondo conosca quanto è strana l'idea di libertà che si erano messi in capo i difensori del patto sociale e dell'eguaglianza, e sempre mi ha fatto maraviglia che Lampredi entusiasta per tali sogni potesse essere montato in tanto credito costì .l)
E il 13 dicembre di quell'anno 1793, ancora con il Ricci, si esprimeva senza mezzi termini sul carattere che per lui presentava il nuovo sistema di governo in Francia:
Le nuove che abbiamo dalla parte del Reno sono consolanti perchè sembra che molti Francesi siano ormai stanchi del dispotismo e della tirannia di quei pochi che sotto titolo di eguaglianza e di libertà esercitano le più crudeli oppressioni. Si dice- qui ohe in Lilla il popolo abbia scosso il giogo dell'anarchia per ottenere una più vera libertà.2)
L'anelito di libertà politica, che andava diramandosi per ogni dove, era altrettanto colpevole della negazione della suprema potestà divina, e questa era il presupposto di quello. Scriveva Fabio De Vecchi il 20 febbraio 1793:
Se i Francesi hanno le mire a Roma, io temo per noi più che per tutti gli altri. Il male si determina alle parti più deboli di tutto il corpo. L'indipendenza dalle potestà della terra sembra essere l'entusiasmo, che ha invaso gli spiriti del nostro suolo. Ma questa indipendenza è figlia di quella, che i nemici della Grazia di Gesù Cristo affettano contro di Dio. I Francesi ne sono più rei degli altri, e noi dopo di loro, nell'oppressione di tanti uomini grandi, e per la guerra fatta alla verità. Dobbiamo dunque temere il medesimo castigo. L'indifferenza per la Religione sotto il manto della pace, è l'arme più potente per distruggerla: e Dio, che veglia geloso su l'opera più grande delle sue misericordie, viene spesso co' flagelli ancora temporali a difendere la sua causa .9)
JJ E. CODIGNOLA, Carteggi di giansenisti liguri, cit., voi. II, p. 377.
-' E. ConiGNOLA, Carteggi di giansenisti liguri, cil-, voi. II, p. 395.
3) E. CODIGNOLA, Il giansenismo toscano, cit., voi. II, p. 280. Il De Vecchi si riferiva qui, più ancora che all'irreligione, alle deformazioni del cattolicesimo di marca gesuitica e molinista. In una successiva lettera al Ricci, in data 18 aprile 1794, egli fu in proposito anche più esplicito: Ma il fatto è che la storia ecclesiastica non rammenta un progresso cosi rapido, e così universale d'irreligione. Ogni secolo ha avuto degli errori da combattere, degli abusi a correggere, e delle divisioni a ricomporre; ma che in quattro anni il Regno più florido divenisse nuovamente idolatra non solamente di cuore, ma di massima, e di professione, era una disgrazia che nessuno avrebbe creduta. Ecco cosa vuol dire l'abuso fatto di tanto lume sparso ni 1 secolo passato in Francia dai SS.i di Porto Reale. Ecco gli effetti della dottrina ntolinistica portata alle vere sue conseguenze dai filosofi formati nelle scuole gesuitiche... Ma che pena, o caro amico, a chi vede Ut connessione dolio bestemmie filosofiche coi principi pelagiani, e rooliniani, il dovere star zittì, anzi sentirsi tacciare come fautori della ribellione, e prevaricazione universale, con professare massime tutt'op-poste e sole capaci di distruggerla (E. CODICNOLA, U giansenismo toscanot cu., voi. II* pò. 293-294). Analoga era dunque l'accusa che giansenisti e antigianseniati si scambiavano,