Rassegna storica del Risorgimento

GIANSENISMO
anno <1962>   pagina <609>
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Giansenismo italiano e Rivoluzione francese 609
non bisogna neppure d imenticare che quasi sempre furono degli antigian­senisti accaniti ad esprimere dei giudizi perspicaci e moderni sulla Rivoluzione francese, soprattutto sul primo periodo di questa, cogliendone con acume e lodandone persino certi aspetti essenziali, laddove i gianse­nisti rimasero per lo più circoscritti alla loro interpretazione astorica della Rivoluzione come castigo divino, interpretazione che ben scarso contri­buto poteva recare alla formazione della nuova coscienza politica demo­cratica e laica. ')
Un più valido contributo anche se troppo spesso sopravalutato, a codesto processo formativo, il giansenismo italiano lo diede senza dubbio con le numerose lance spezzate in favore del principio della tolle­ranza, opera nella quale si distinse in maniera particolare il Tamburini, autore, com'è noto, di quel trattato De tolerantia ecclesiastica et civili apparso nel 1783 a Pavia sotto il nome di Thaddcus de Traumttmansdorf,
mente per giuste cagioni può limitarsi, e restringersi, come abbiamo veduto nella Polonia, ed osserviamo nell'Inghilterra. Né può negarsi, che ciò non sìa un forte ostacolo al Despo-tismo, alla Tirannia, all'Arbitrio, per cui spesso i Regni sono iti inrovina. Ne in ciò sarebbe condannabile la Francese Assemblea, se conservato avesse alia Maestà Reale il rispetto, e modo avesse avuto nei suoi Decreti. Pretender di escludere dalla Dieta il Capo Monarca, è lo stesso che escludere dal Concilio Generale il Papa. 3) Che eletta a regnare nella Mo­narchia una famiglia, è libera la moltitudine, quella estinta, di prendere in poi quella, forma di governo, che meglio le piace. 4) Che nella data estinzione non può l'ultimo Re­gnante lasciar per legato, o per donazione il Regno ad altro Principe, o Monarca estraneo, senza l'espressa, e libera volontà della moltitudine. La ragione si è, perchè lo Stato non è del Principe, ma del popolo, che lo forma, e perchè le volontà libere degli uomini non possono contrattarsi a guisa delle mercanzie. 5) Se reietto Re si faccia conoscere incapace, ed inutile a regnare, può dal popolo rimuoversi; ed altro più ùtile, e capace sostituirsi in suo luogo, come in varj Regni, e nella Francia stessa avvenne talora. (G. B. GEMINI, La cabala de* moderni filosofanti, cit., voi. Ili, p. 28).
3 L'osservazione è stata fatta da E. PASSEIUN D'ENTKEVES, L'ambiente culturale pisano nell'ultimo Settecento, cit., p. 88. Significativa a questo proposito, per esempio, una lettera del Lampredi all'abate Spina del 6 gennaio 1790: Non v'è da temere più niente sulle cose di Francia. La meravigliosa rivoluzione è al suo termine: il credito pub­blico è ristabilito; il commercio per poco tempo arrestato riprende il suo vigore, i capita­listi di Francia riaprono con sicurezza i loro scrigni, e il Dispotismo Ministeriale è affatto lacerato e distrutto. Bravi Francesi 1 Essi diventeranno la Nazione più potente e più ricca del mondo.. Il nuovo Governo civile è architettato con estrema saviezza ed è tanto più bello di quello d'Inghilterra quanto più accortameli te i Francesi hanno corrotto i vizi di quello. L'Assemblea Nazionale rappresenterà la volontà generalo della Nazione, cosa che non fanno i parlamentari inglesi, perchè i loco membri rappresentano i luoghi e non un egual ninnerò di committenti. Il Re non ha in Francia che il voto sospensivo, in In­ghilterra il voto del Re è necessario per la costituzione delle leggi. Insomma i Francesi hanno latto bene, e meglio degli altri, perchè sono stati i primi ad ordinare nn governo pacatamente, e da Filosofi, e senza spargimento di sangue. Io dico senza spargimento di sangue perchè la marte di quattro o cinque mila uomini sopra 4 milioni è un nulla in paragone di quello che nn momentaneo capriccio di un Despota fa spargere in pochi mesi (iià, p. 89).