Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno <1962>   pagina <661>
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/ fondi archivistici del Museo centrale del Risorgimento 661
Pezzana (tre Ietterò), Adelaide Ristori (undici lettere), Ermete Novelli. Questo ultimo stava mettendo in scena, nel 1901, il Cassio Cherea e F8 giugno chiedeva all'autore il permesso di qualche taglio, perchè alle prove il lavoro non risulta in tutta la romana grandezza che lo faceva alla lettura un forte e sicurissimo dramma .
Ad esclusione dei certificati, dei diplomi, degli stati di servizio, non resta quasi nulla a testimoniare le vicende di chi fu volontario nel '59 per passare, poi, all'Accademia di Modena e guadagnarsi, come sottotenente del R. Esercito, una menzione onorevole all'assedio di Gaeta; nominato luogotenente nel 1865, si dimise il 17 ottobre 1867, per seguire Garibaldi. Per questo, nel 1890, ottenne il grado di capitano nella milizia territoriale e non quello, richiesto, di tenente colonnello.
Giovaglieli fu deputato per cinque legislature non consecutive e, precisa­mente, nella XIV e XV (1880-1886), nella XVII-XVIII (1890-1895) e nella XXII (1904-1909), per i collegi di Tivoli e di Roma. Nel 1876 non era riuscito a Macerata, nonostante la raccomandazione di Benedetto Cairoli, il quale avrebbe voluto vedere ratificato dal verdetto popolare il voto del 18 marzo , e di Garibaldi. Dell'eroe dei Due Mondi, racchiusa in una pesante cornice di ferro battuto, esiste una lettera del 25 giugno 1874, in lode dello Spartaco. *' Scarse sono, però, nelle carte, le tracce dell'attività parlamentare. Possiamo leggere il verbale del giuri d'onore (firmato da Arbib e Siacci, Pais e Bovio) del 1891, a seguito di un violento scontro in aula con Imbriani, e una lettera aperta al ministro Brin per i fatti di AiguesMortcs. Giovagnoli si servì della sua posizione politica specialmente per ottenere permessi di consultazione di carte allora chiuse al comune studioso.
A testimonianza di alcune delle sue amicizie politiche, restano due lettere di Nicola Fabrizi, una di Menotti Garibaldi, una di Francesco Domenico Guer­razzi, cinque di Luigi Pianciani, una piuttosto melanconica di Francesco Crispi del 5 giugno 1879: In altri tempi, sotto il governo della Destra, mi era agevole ottenere una decorazione per qualche galantuomo. Coi sinistri é tutto differente, e voi saprete, in certi casi parrebbe che fanno le cose tutte al contrario di quello che io vorrei . Giovagnoli era un ardente Crispino: per questo, salito al governo l'amico, si sarà forse ricordato di un giudizio di Pasquale Villari, scritto in data 2 gennaio 1893. La questione sociale, a cui nessuno voleva credere, e che s'è ora sollevata minacciosa, non è il minore dei pericoli. 11 peggio sarebbe supporre che non ci sia, chiudere gli occhi per non vederla. Ora che essa è cominciata, non si fermerà. Rispondere a fucilate non si può. Per questo bastavano i Borboni. Promettere per non mantenere, come s'è fatto finora, varrebbe solo ad accre­scere il male. Bisogna affrontare il problema per risolverlo sul serio, e non è facile. La stella d'Italia s'è ormai offuscata. Speriamo nel Dio degli onesti .
Se Raffaello Giovagnoli ci ha conservato ben poco di quel che interessava la sua vita, ci ha tramandato, invece, parecchie carte che possono illuminare le figuro dei suoi fratelli: Fabio, morto combattendo a Monterotondo; Mario, volontario nel '66 e professore di matematica; Ettore, volontario nel '66 e '67 e ingegnere* Più ricco il materiale sul padre, Francesco, al quale, il 24 maggio 1849, era stato consegnato un diploma di laurea in .giurisprudenza a firma di Livio
1) Pubblicata do A. BACCELLI, art. rìt.