Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
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1962
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pagina
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666
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666 Libri e periodici
ina solo dì rottura e opposizione fra rottoccntcéco principio dì nazionalità, coro al patriottismo risorgimentale, e 11 nazionalismo, colonialista e imperialista, del Novecento. Lo stesso atteggiamento è oggi rivelato dalle prime reazioni alla pubblicazione di questo volume, reazioni che, in parte giustificate, sembrano portare la storiografia italiana su posizioni difficilmente dagli studiosi stranieri comprensibili e forse eccessivamente rigide.
Circa il problema del rapporto fra Ottocento e Novecento italiano, fra Risorgimento e nazional-fascismo, se in Mack Smith sembravano perdersi le distinzioni e le differenze, in alcuni suoi critici italiani a volte si perde il senso, pur essenziale per una buona comprensione storica, della continuità. E ciò sembra confermato dalle critiche già suscitate ora dal libro di Vaussard, che pur chiaramente distingue fra il sentimento naziouali-sta di pochi intellettuali che prevalsero nel partito nazionalista; che negli uomini dell'Ottocento, anche in Carducci e Crispi, riconosce un pensiero ancora molto lontano da quello di Rocco e Mussolini. Lo studioso francese rispetta quindi le distinzioni e le sfumature, ma riconosce anche una certa continuità non tanto di pensiero quanto di sentimento nelle ricorrenti aspirazioni alla grandezza fondate sul ricorso nostalgico dell'antica Roma imperiale. Le critiche non hanno colpito solo discutibili accostamenti o inaccettabili particolari giudizi, ma son giunte alla negazione assoluta di ogni continuità, all'affermazione che pur nella guerra di Libia sarebbe stato assente fra gli Italiani ogni sentimento nazionalista (Jemolo). L' età della follia sarebbe giunta improvvisa a travolgere il nostro paese nel maggio radioso o solo nel dopoguerra, e gli Italiani avrebbero improvvisamente rinnegato un passato antinazionalista, tradito il Risorgimento.
Se, rimanendo sul piano delle dottrine, è vero certamente che il nazionalismo più ortodosso (di origine straniera) è la negazione del nazionalitarismo ottocentesco; che il fascismo è l'antitesi del Risorgimento (cosi come fu concepito dai suoi spiriti migliori); che, pure sul piano economicosociale, il nazionalismo imperialista poteva trovare un suo fondamento valido soltanto nella forte borghesia del nostro secolo; resta però il problema, storico in senso piò generale, dell'accettazione (graduale o improvvisa?) da parte della maggioranza degli Italiani (e non solo di pochi letterati formanti una corrente di un partito minore) del sentimento nazionalista. E la complessità del problema sembra confermata anche dall'incertezza manifestata dagli stessi sostenitori della rottura e della opposizione (non solo ideologica, ma storica) nel collocare le personalità, pur notevoli e significative, di Carducci, di Crispi, *) di Oriani. Del resto non si riduce certo alla catalogazione di questi o altri uomini fra gli eredi del Risorgimento o fra i precursori del nazio-nalfascismo la questione che gli storici del rapporto nazionalitarismonazionalismo sono chiamati a risolvere, questione che già si comincia a studiare con Io sguardo alla realtà internazionale e alla totalità della vita nazionale, con giudizio libero da preoccupazioni di lotta politica o di deteriore apologetica.
È da credere poi che nessun critico serio vorrà attribuire il concentrarsi dell'attenzione del Vaussard sulle antiche radici della vocatiou à la grandeur in Italia piuttosto che sulle recenti origini (tedesche, inglesi, francesi...) dell'ideologia nazionalista, o il severo giudizio sulle conseguenze delle guerre di Libia e d'Etiopia come responsabili delle due conflagrazioni mondiali, ad un certo malanimo antitaliano deformatore dello stesso giudizio storico, perchè troppo chiara ò l'impostazione di questo libro, perchè nota è la durezza con la quale l'autore colpisce le borie nazionalistiche anche nel suo paese. Le pagine del Vaussard ci appaiono perciò chiaramente dettate da un'autentica ispirazione cristiana e dall'amore suo costante per l'Italia, e risultano tutte indirizzate alla ricerca della verità, che, liberata dalle retoriche leggende di falsi storici, è la vera base di comprensione fra i popoli. FAUSTO FONZI
') Ad esempio Jcmolo vede ora in Crispi solo un uomo del Risorgimento, ma Arrigo Levasti scrive: e Quale continuità sussiste tra i disegni e le concezioni politiche di un Mazzini, un Garibaldi, un Cavour, e quelle di un Crispi, di un Corradiui, di un Mussolini? (// Ponte, giugno 1962, p. 898).