Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno
<
1962
>
pagina
<
671
>
Libri e periodici
671
le stroncature del governo della mediocrità come portato ineluttabile della democrazia (1 ?), il tutto nel complesso d'una trattazione d'inarrivabile sagacia dottrinaria e luci* dita, espositiva, ma propria d'un pensiero già riposato e compiacentcsi di se stesso, che scambia per atteggiamenti perpetui dello spirito alcuni momentanei e mutevoli stati di fatto della civiltà contemporanea. Più sottile o brillante, nella sua attenzione volta assai più alle istituzioni che non alla speculazione, e quindi dettagliata, polemica, sensibile, il Bagehot; mentre l'Acton riprende l'annosa querelle conservatrice sui limiti da porsi alla democrazia, ecceduti i quali essa degenera nella solita inevitabile licenza sfrenata, sullo inconciliabile conflitto tra libertà ed eguaglianza, sul a pericolo permanente insito nella natura stessa delle istituzioni democratiche. Fievole assai, come s'è detto, la voce di Brighi, mentre del tutto assente è il momento imperialistico, non agevolmente dissociabile dal resto della sua attività politica, nel pensiero di Chamberlain. L'ultima parte, tuttavia, dedicata al liberalismo democratico, a forti tinte stataliste, che sbocca nel periodo edoar-diano, è la più, densa e convincente, essendo in essa possibile ravvisare, anche per la risentita personalità di alcuni scrittori, come Churchill e Lloyd George, una più serrata adesione ai problemi circostanti ed alle esigenze di una civiltà democratica di massa, che viene inesorabilmente prendendo forma.
Il volumetto wilsoniano, anche a causa di motivi pratici (si sofferma su un periodo di tempo di gran lunga inferiore a quello dell'età vittoriana) presenta un minor numero di problemi e risulta assai più omogeneo. 11 Bariè illustra con grande finezza il sentimento angoscioso, ed esitante fra gli estremi di un'esaltazione febbrile e di un cupo pessimismo moralistico, onde lo spirito pubblico americano è sopraffatto, alla fine dell'800, dinanzi alle prospettive smisurate di espansione delineate dall'imperialismo e dall'industrialismo, ed all'evidente inadeguatezza delle strutture civili e sociali della Nazione rispetto ad un compito del genere sul piano mondiale. La polemica contro hi plutocrazia, contro le concentrazioni gigantesche di potere e di ricchezza, contro l'estraneità di esse all'interesse pubblico, assume cosi un forte e duro sapore morale, una larghissima risonanza popolare, si pone come qualche cosa di nuovo e di eversivo al di là dei motivi tecnici e degli argomenti dottrinari, che possono magari venir suggeriti da preoccupazioni conservatrici di liberismo tradizionale. I temi contrapposti della povertà e del successo, ad esempio, vengono liberati dalle incrostazioni velleitarie ed apologetiche, da tutta quell'inconsistente atmosfera mitologica in cui li avevano immersi rispettivamente la letteratura populistica e quella del pionierismo pubblicitario: e sono ricondotti nella loro concreta realtà sociale, giustificati, spiegati, alla luce di considerazioni che investono non solo l'individuo ma tutto l'ambiente cittadino, la struttura tecnica, l'atmosfera amministrativa in cui egli si trova ad operare. D moralismo, s'intende, è sempre all'agguato, e sarebbe da chiedersi quanto delle modificazioni verificatesi nella civiltà statunitense ai primi del secolo sia dovuto alla predicazione inesausta di questi polemisti e quanto viceversa al ritmo più concitato e dinamico di quella civiltà, che spazza via vecchie consorterie, interessando al lavoro associato strati sempre più vasti della popolazione. Testimone efficacissimo di questa sfasatura, con l'attenzione da lui contraddittoriamente rivolta ai problemi del sindacalismo e della lotta di classe da un lato e, dall'altro, a quelli di un'antiquata educazione politica di massa, è senza dubbio Herbert Croly, a cui il Bariè giustamente accorda un ruolo preminente, con quel precettismo pedagogico stranamente convivente (ma è un atteggiamento tipico della spiritualità americana 1) con una nozione scaltrita della moderna democrazia industriale. Questa sfasatura si avverte anche nel Gompcrs, il padre: del sindacalismo americano, con hi sua riluttanza ad assumere distinti connotati politici e tanto meno partitaci* con la sua insistenza su un economicismo che sa ad un tempo di paternalistico e di corporativo* eh'.- Immette senz'altro senza scosse il movimento operaio nel quadro di una società in crescenza come quella americana ma sottraendo ad esso ogni possibilità di autonoma azione innovatrice, di candidatura all'egemonia politica.
Al centro di questo quadro fortemente suggestivo e screziato è 'Wilson. Egli incanala f-iermen ti moralistici della folla anonimo, la sensibilità economica dello masse operaie, l'aggressivo spirito capitalistico dell'imperialismo, in una soluzione politica nella