Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno
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1962
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pagina
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673
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Libri e periodici
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Détta agricoltura, di Giovanni Scola, pubblicato nel 1777 nel Giornale enciclopedico , esempio notevole sia di serietà d'indagine sia di maturità di concezioni e spregiudicatezza di vedute, attacco deciso al latifondo ed allo sfruttamento della mano d'opera bracciantile sotto l'aspetto economico come sotto il profilo sociale, vigorosa denuncia non solo del fatale abisso che si era determinato ira proprietari e coltivatori del suolo, ma di tutta quell'interpretazione codina dei mali dell'agricoltura che ne addossava la colpa all'infingardaggine, alla naturale inferiorità morale ed intellettuale delle masse contadine. Ribatte lo Scola ebe mentre gU oziosi declamatori e sperimentatori gridano contro l'ignorante ostinazione de villici, mentre gli sperimentatori s'irritano, perchè vengono poste in obblio tante utili loro scoperte, mentre il ricco aggrava sempre più il pesante fardello della miseria sogli agricoltori sperando di incitarli all'industria, il filosofo che calcola le cause morali, e le conosce egualmente, e forse più attive delle fisiche, scorrendo per le nostre provincie, scopre che il villano diventa inerte, perchè è avvilito dalla miseria, che il ricco diventa neghittoso, perché non la teme, che le gran proprietà mal amministrate sono la cagione di questi mali, e che quando non vi si apportino degli opportuni rimedi i nostri nipoti saranno di nuovo in necessità di alienarle, come fecero i nostri avi per rimetterle in valore . La natura e l'origine del conflitto tra classi proprietarie e non proprietarie nelle campagne sono colte con lucida incisività, che ancor oggi conserva mordente e plausibilità: La classe dei possessori tra noi, benché men numerosa, è certamente più forte, perché tiene in mano la sussistenza della nazione: la classe dei giornalieri è più numerosa, ma al tempo stesso più débole, perchè riconosce dall'altra in un modo precario la sussistenza. Quasi tutti i possessori vorrebbero per sé la massima porzione de* frutti de' loro beni, misurando i loro bisogni coi capricci e col lusso, e per questo s'ingegnano di ridurre al minimo possibile la sussistenza de* giornalieri. Questi all'incontro spinti a principio dalla necessità, guidati poscia dall'abitudine, oppongono al troppo severo diritto di quelli, l'inganno, arma solita della debolezza. L'inganno scoperto irrita il più forte, e la. forza irritata si cangia in violenza, e questa accresce maggiormente l'ingegno dell'ingannatore, che posto alla necessità d'ingannare per dover sussistere, ai trova in una nuova necessità di coprire l'inganno per fuggire dalla pena. Per rendere meno efficace questa inclinazione all'inganno, i possessori fanno regnare tra' giornalieri la più crassa ignoranza, che si lusingano d'imbrigliare col terrore di pene vicine e lontane, ma l'ignoranza punta dalla miseria, ed alterata dal timore degenera quasi sempre in ostinazione ribalda, o in ferocia disperata, che spinge a mancare apertamente alla privata giustizia, ed a commettere dei pubblici delitti. Le leggi devono allora impiegar necessariamente la forza, le procedure forensi consumano le rustiche sostanze: le pene o distruggono o almeno tolgono ai campi le persone dei delinquenti, =i sminuiscono gli agricoltori, le loro inclinazioni peggiorano, il loro dispetto contro i possessori diventa vieppiù accanito, maltrattano i beni non propri, e l'inerzia a cui pendono tutti gli uomini, si nutre della, speranza di levare alquanto di forza ai possessori, rendendo men fertili i loro beni: questi attribuendo l'inerzia alla sola ignoranza restia, vogliono vincerla colla necessità aggravata dagl'insultanti strapazzi, e per tali vie le classi si vanno danneggiando l'una con l'altra, e il fisico dell'agricoltore risente il massimo danno da queste influenzo morali . E tutto il saggio dello Scola procede sul filo di una polemica serrata e precisa, sostanziata da un'analisi rigorosa dei latti, impostata sempre su di una concretezza di argomentazione, che non è facile ritrovare negli scritti in materia del periodo.
Nel complesso, a dire il vero, non sono molti gli articoli riprodotti nell'antologia, e eie ovviamente non per colpa del curatore, che riescano a tener desto nella stessa misura l'interesse, che diano la sensazione dì corrispondere ad esigenze culturali profondamente sentite e vitali, frutto di serio impegno morale e di matura riflessione. Diremmo pure che dell'inclusione di non pochi articoli non si riesce a vedere bene il motivo, tanto sono irrilevanti sin di per sé, sìa come testimonianza del giornalismo di un'epoca. Si ha talvolta l'impressione, piuttosto sgradevole, che non sì tratti che di puri e semplici riempitivi.
L'ampia introduzione del Berengo, che segue attentamente le fasi e lo caratteristiche dello sviluppo del giornalismo veneto nel Settecento, è ottima, sia per la vastità ed accuratezza dell'informazione, sia per la finezza interpretativa. Assai utili pure le numerose