Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno
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1962
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pagina
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675
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Libri e periodici 6:75
sicura ed ampia testimonianza, né le eccezioni valgono a modificare fl quadro d'insieme. E proprio sulla base della copiosa documentazione portata dall'A. non sembra del tutto persuasiva la sua conclusione, che cioè le accademie toscane del Settecento, ed i George-fili in particolare, esercitarono proficuamente l'essenziale funzione dì creare nei contemporanei una mentalità favorevole alle riforme, ài render possibile verso la fine del secolo una pacifica transizione dal vecchio al nuovo ordine, di aver insomma dato vita ad una classe dirigente nuova e vitale, insegnando ai nobili, agli avvocati, ai professori, agli abati della Toscana ad abbandonare la loro tradizionale indifferenza per la cosa pubblica e a dedicarsi assiduamente al progresso economico e civile dello Stato. Certamente, le accademie settecentesche, o per lo meno alcune di esse, contribuirono in qualche misura ad imprimere un indirizzo di maggior concretezza all'attività intellettuale della classe colta toscana, a rendere questa più sensibile alle correnti culturali europee, specialmente inglesi e francesi, a diffondere la convinzione del carattere strumentale dell'attività speculativa rispetto ai problemi sociali, politici, economici della società del tempo. Ma si trattò per lo più di un coutributo sussidiario e circoscritto, più circoscritto, ci sembra, di quanto FA. sembri alla fine voler indicare. Come sempre, il rischio maggiore cui si va incontro quando s'intraprende Io studio dettagliato di una singola istituzione è di finire, per un quasi inevitabile processo di deformazione prospettica, con l'attribuire all'oggetto del proprio studio un'influenza storica non del tutto corrispondente a quella effet-tivamente esercitata. ALBERTO AQUARONE
UMBERTO CALDURA, Calabria napoleonica (1806-1815) (Deputazione di storia patria per la Calabria. Collana storica, 2); Napoli, F. Fiorentino, I960, in 8, pp. YIII-482, con taw. L. 4000.
Nino Cortese, parlando recentemente della storia della Calabria nell'età napoleonica, ne ha ricordato i due aspetti essenziali. Esteriore il primo, passivo, per cosi dire, poiché la regione divenne, per la sua posizione geografica e strategica, un gigantesco ponte tra le Provincie continentali e quelle insulari del Regno, un ponte attraverso il quale passarono, o tentarono di passare. Francesi, Inglesi e Borbonici, conquistatori, o riconquistatori. (N. CORTESE, La Calabria nel Risorgimento italiano, in Atti del 2 Congresso storico calabrese, Napoli, 1961, p. 3). La storia delle campagne militari, che si svolsero in Calabria, dei tentativi di sbarco degli anglo-borbonici sul continente e dei Francesi in Sicilia, è più conosciuta e lo stesso Caldora ha contribuito a illustrarla, dandoci, tra l'altro, uno studio sulla battaglia di Campotenese (9 marzo 1806) che dischiuse ai Francesi il dominio della regione fino a Reggio (Atti di., pp. 81-96).
L'aspetto meno conosciuto, invece (come, del resto avviene per non poche altre regioni dell'Italia napoleonica), è quello della Calabria come protagonista attiva di storia, quello cioè della lotta politica delle classi dirigenti calabresi in favore o contro il regime napoleonico e le riforme da esso tentate; della trasformazione economica e sociale del paese; dei vivace dibattito ideologico, che accompagnò questa trasformazione. Se si eccettui qualche ricerca locale e gli studi più recenti sull'abolizione della feudalità, questo è senza dubbio l'aspetto finora più trascurato dalla storiografia*
Il C. si è precisamente dedicato allo studio della storia interna della Calabria nel decennio francese, trascurando del tutto le sue vicende esteriori, considerate già conosciute dal lettore. Gli argomenti delle sue ricerche sono stati infatti Bamministrazione civile della regione e i suoi rapporti con la burocrazia centrale; la ripartizione delle terre demaniali e la vendita dei beni ecclesiastici; le sorti dell'industria, dell'agricoltura e del commercio; il riordinamento dell'istruzione pubblica e l'evoluzione della cultura; l'atteggiamento dei diversi ceti nei confronti del regime e l'influenza del clero; l'opposizione antinapoleonica.
Per queste ricerche egli si e giovato soprattutto dell'Archivio di Stato di Napoli, minutamente esaminato in tutti quei fondi, ohe potevano interessare la Calabria e messo a profitto con molta diligenza, della quale prova la grande messo di riferimenti e di