Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
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1962
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676
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676
Libri e periodici
citazioni dirotte, die danno al lettore la confortevole sensazione della connessione del discorso con la documentazione raccolta nei l'ondi delle amministrazioni centrali del Regno. Per quanto riguarda, invece, gli arenivi dei capoluoghi della regione, il C. deve aver urtato contro difficoltà insormontabili e, comunque, non ha potuto, in generale, metterli a profitto.
Alla conoscenza vasta e sicura delle fonti archivistiche napoletane il C. unisce la padronanza della nutrita pubblicistica contemporanea, assai spesso rara e preziosa e che avremmo desiderato veder riunita, insieme con la pur scarsa bibliografia specifico, in appendice al volume, non solo per comodità di consultazione, ma anche per una valutazione complessiva.
Quale sia il giudizio storico del C. sul decennio napoleonico in Calabria è annunciato senza esitazione fin dalle prime pagine del volume ed è pienamente positivo, così come è, al contrario, schiettamente negativo quello sulla dominazione borbonica, prima e dopo quell'unico luminoso periodo. 11 regime napoleonico ha decisamente districato il Mezzogiorno dai viluppi anacronistici e nocivi di un Medioevo ormai scaduto e lo ha incamminato in modo efficace verso forme ed esperienze più moderne (p. v). E questo non. ostante la resistenza al rinnovamento delle strutture sociali, politiche ed economiche del paese tentata dai reazionari filoborbonici e non ostante la incapacità e l'insipienza o l'egoismo, di una parte almeno di quei ceti che sì assunsero la responsabilità di amministrare localmente.
La Calabria, questa terra incognita of modem Europe , abitata da una popolazione semi selvaggia , secondo i viaggiatori stranieri, che si erano spinti fin laggiù tra la fine del Settecento e i primi anni dell'Ottocento, fu scoperta, osserva il C, dalla maggior parte degli Europei negli anni del dominio francese e proprio in ragione delle sue inquietudini politiche e della sua condizione di frontiera, aperta e accogliente, verso il superstite mondo legittimista; destinata, perciò ad apparire agli uni come un trampolino per l'ultima vittoriosa impresa e agli altri come l'avamposto della riconquista del continente, con le sue masse insorgenti e i suoi briganti, idoleggiati romanticamente ed esaltati come puri campioni della fede e della tradizione.
Sconosciuta fino allora, non si può dire che se ne comprendesse in seguito l'intima realtà, deformata, invece, e travisata, osserva il C, nelle descrizioni superficiali di frettolosi e, qualche volta, addirittura immaginari visitatori. Sotto il mistero e le contraddizioni di questo paese di antichissima civiltà, si celava una condizione di vita estremamente dura, in un territorio per due terzi paludoso e in larga misura montagnoso, dove la fame di terra dei contadini era grande ed aveva alleata hi borghesia contro la forza economica e morale dei fendi (p. 6). La delusione della mancata rivoluzione sociale, lasciata intrav-vederc nel 1799, avrebbe, secondo il C, allontanato dal trono anche le plebi e avrebbe spianato la strada ai francesi nel 1806, ma il nuovo governo non percepì allora la buona disposiziouc dei Calabresi e non seppe secondarla, soprattutto con il rispetto dei principi e delle tradizioni indigene. Sicché spinse irrimediabilmente il popolo al legittimismo ed alla reazione (p. 26).
È un'ipotesi che andrebbe meglio suffragata, come altre del genere messe avanti per il precedente periodo giacobino. Il C. la basa sull'insuccesso del sistema amministrativo borbonico oramai non solo inadatto e guasto, ma addirittura rovinoso per hi vita slessa dello Stato e sull'impegno di risanamento del governo napoleonico, sciolto da ogni legame con il passato e da ogni intrigo con le vecchie strutture sociali e perciò capace di colpire alle radici il male della vita del Mezzogiorno (p. 35). Di fatto il governo locale è in mano a nomini, che dimostrano spesso buona volontà e capacità di azione, coraggio nella difesa degli interessi della regione, spirito critico e desiderio di autogoverno, ma che difendono, altresì, i privilegi del ceto, che li ha espressi, e sono chiusi, specie nella Calabria ulteriore, alle esigenze popolari, mentre sono influenzati dall'alterno prevalere delle consorterie, ohe lottano per affermare e mantenere la loro supremazia, appoggiandosi, a seconda dei casi, al partito governativo o a quello borbonico, (p. 77). E inoltre grava su tutti l'incertezza della stabilità del regime, minacciata dai continui sbarchi e