Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno <1962>   pagina <678>
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678 Libri e periodici
ali compilazione dei ruoli e la frequente collusione con i contribuenti* l'inattendibilità delle dichiarazioni rese dai proprietari, lo stato di guerra e rinsorgeiiza, ostacolassero la pratica attuazione della riforma (p. 241), mentre le imperiose necessità spingevano spesso ad affidare l'esazione ai militari, rinnovandosi, così, le violenze e gli abusi del passato regime (p. 245).
Che poi l'obiettivo, sia purè lontano, prefissosi dal governo centrale fosse quello di pervenire, attraverso i tributi fondiari, alla frantumazione delle grandi proprietà agra­rie, questo proprio non ce la sentiremmo di sostenerlo, come fa il C, deduccndolo da molti atteggiamenti e da varie disposizioni del governo , che vorremmo meglio conoscere e apprezzare (p. 255), mentre non esitiamo ad ammettere che fosse nelle direttive della riforma fiscale il sollevamento della povera gente, schiacciata nell'antico regime da pesi tributari insopportabili. Certo la riforma fiscale fu un grande passo innanzi verso l'ammo­dernamento dello Stato e, come tale, rimase sostanzialmente immutata anche durante la Restaurazione.
Del nuovo assetto tributario dello Stato si sarebbero eertamente giovati anche il commercio e l'industria, senza la paralisi causata dal blocco continentale e dalla continua presenza in mare della flotta inglese. Il C. accenna albi-chiusura del commercio del legname con la Sicilia e alla conscguente riduzione del prezzo alla metà, mentre aumenta il prezzo del rame, che non viene più da Messina e solo con grandi difficoltà si riesce a trasportare da Napoli. Sì sofferma sulla decadenza dell'industria della seta, che attribuisce alla me­diocrità del prodotto, all'arretratezza dei sistemi di lavorazione, alla scarsa abilità degli operai e alla ristrettezza del mercato (p. 288). Ma c'è anche da tenere nel debito conto la perniciosa incidenza della nota politica protezionistica delle sete francesi, imposta da Napoleone. Si sviluppa, invece, anche in Calabria nel quadro della stessa politica econo­mica generale, che assegna all'Italia, esclusivamente un ruolo agricolo, la coltivazione e la lavorazione del cotone, ma il C. nota che, come in altre parti della Penisola, dove se ne tentò l'introduzione, la quantità del prodotto era mediocre e la sua lavorazione non riuscì mai a superare la fase artigianale (p. 289). Il peso delle direttive economiche impe­riali va tenuto anche qui, secondo noi, in maggiore considerazione, perchè supera i confini del Regno il fenomeno dell'esportazione massiccia di materie prime grezze e la loro suc­cessiva reimportazione sotto forma di prodotti manufatti, come anche quello degli osta­coli frapposti al rinnovamento dei processi di lavorazione specie nell'industria tessile. Napoleone impedì inesorabilmente l'importazione in Italia di macchinari moderni e l'emi­grazione dalla Francia di operai qualificati e di tecnici.
11 C accenna anche all'incidenza sull'economia interna della Calabria dell'intenso contrabbando con la Sicilia, ad onta dei divieti governativi, contraddetti non poche volte dai permessi ufficiali e dalle tolleranze ufficiose. Egli narra, in proposito, il curioso episodio della chiusura delle miniere calabresi di salgemma, disposta dal governo murat-tiano (mentre gli insorgenti tentarono di riaprirle con la forza) poiché era più conveniente il sale che continuava a venire dalla Sicilia (p. 270). Il C. richiama giustamente l'attenzione sulle assai probabili collusioni, in questi traffici più o meno clandestini (ohe interessarono, soprattutto oltre il sale, l'importazione di spezie coloniali e di tessuti inglesi e l'esporta­zione di cavalli, grano e bovini per il rifornimento delle truppe inglesi) tra i grossi commer­cianti e alte personalità dello Stato, ivi compresi personaggi insospettati come Saliceti, Colletta, Cavaignac e Manhès (p. 328).
Il peso del contrabbando sull'economia della Calabria è, peraltro, ancora maggiore di quanto non pensi il C. e lo ha dimostrato più di recente, sulla base delle fonti Francesi, Marc Heurgon (La contrebunde en Calabre duroni lo periodo napolSonienne, in Atti del 2 Congresso storico calabrese, cil., pp. 124-137), anche se, pure in questo caso, la Calabria non rappresenti spesso che una tappa di transito verso il grande mercato di Napoli o verso i magazzini della sussistenza inglese in Sicilia.
Si è parlato spesso dell'insorgenza antifrancese come di uno dei più gravi ostacoli al consolidamento e al successo dell'amministrazione napoleonica in Calabria. Il C. di­stìngue in questa insorgenza due fasi. La prima rivolta, all'indomani dello visita di Già-