Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno <1962>   pagina <681>
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Libri e periodici
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tuia presentazione cosiffatta non sarebbe stata possibile, evidentemente, senza una notevole padronanza tanto della biografia intellettuale di Cavour che, più in generale, dei problemi dì politica economica, di commercio, di finanza, di legislazione sociale, sui quali era aperta la discussione nell'Europa alla vigilia del Quarantotto. Il Sirugo aveva già incominciato a dare prova di tale padronanza in altri lavori, come quello sulla Rivolu­zione commerciale, pubblicato nel 1961 su ce Studi storici . Ed ora ha premesso alla edi­zione cavouriaua un lungo saggio, nel quale l'orientamento del suo pensiero si fa più chiaro, in un deciso tentativo di cogliere la collocazione del Piemonte di Carlo Alberto e di Cavour nello sviluppo economico e nei dibattiti che impegnavano le nazioni più. progredite verso la metà dell'Ottocento.
Il primo dato posto in rilievo dal Sirugo è la sensibilità del conte di Cavour a cogliere il movimento di accelerazione, che intorno al 1830 viene impresso all'attività produttiva e alla formazione dei nuovi ceti mercantili e industriali su scala europea (p. XXV). Quegli aveva dichiarato in più occasioni che hi differenza del Risorgimento con i movi­menti in atto nei paesi vicini, e la minore urgenza del pericolo repubblicano e comunistico, derivavano dalla prevalente struttura agraria dell'Italia: e che era vano dolersi di cid, e invidiare il rapido sviluppo industriale di Francia e Inghilterra. Il suo programma eco­nomico liberista, ed anche in gran parte il suo moderatismo polìtico, si fondavano sul­l'acccttazione di tale differenza come un dato di fatto, che a suo giudizio assegnava al Piemonte e al futuro più ampio Stato un ruolo particolare nel quadro della crescente interferenza richiesta dai tempi tra i vari settori dell'economia mondiale.
Anche questa esigenza di industrializzazione di cui Cavour parlava in varie occasioni si deve intendere, osserva il curatore del volume, in un'accezione analoga a quella del classico filone di pensiero inglese che deriva da Ricardo e che considera l'agricoltore come figura tipica dell'attività industriale (p. XLV). Non a caso intorno alla dibattuta con­troversia se incrementare nel ramo della seta la costituzione dì grossi opifici o mantenere l'uso di mano d'opera a domicilio, uno scritto cavouriano del 1841 si pronunciava per quest'ultimo sistema, sia in base ad un calcolo dì costi, sia per i vantaggi sociali connessi alla possibilità di conservare, in tal modo, i legami di simpatia e di affezione che esistono tra coloro che possiedono e quelli che coltivano le terre (p. XLV). Al Piemonte Cavour assegna in sostanza non il compito di edificare una propria base industriale, bensì di ottenere l'aumento delle esportazioni dei prodotti primari dinamici e dei tipici semilavorati piemontesi (p. LXI1I), ossia, in parole povere, di concentrare l'atten­zione e gli investimenti verso talune culture specializzate come seta, riso, bestiame, e verso le imprese per la loro parziale lavorazione in vista della vendita a fabbricanti stranieri.
Cavour confida che l'accresciuto intercambio con le grandi nazioni industriali basti a risolvere i problemi di un paese essenzialmente agricolo come il Piemonte a due condi­zioni: che si proceda lungo questa strada di coerente specializzazione produttiva, e che il risparmio sìa continuamente rivolto a creare capitale addizionale da reinvestire. Questa ultima considerazione discende dal rigore della preparazione economica di Cavour ma anche e più precisamente, viene qui osservato, dal distacco di lui da una certa tradizione italiana, mutuata dal Settecento che guardava per dirla in breve alla ricerca della felicità dell'uomo , a differenza di quella inglese volta piuttosto a procurare la ricchezza delle nazioni . E il Sirugo si sofferma a lungo su questo punto, richiamando anche altri autori tipici di un certo orientamento italiano come il Petitti e il Giovanetti, Giuseppe Pecchio e Carlo De Cesare, dai quali lo statista di Leri appare differenziarsi tanto nettamente} così come una bella pagina egli dedica a suggerire in che modo dal comune ceppo roma* gnosiano abbiano preso le mosse posizioni tanto diverse come quelle di Cavour e di Cat­taneo, attento l'uno all'accumulazione, alla produzione, al profitto, e perdo allo svolgi* mento della selezione e differenziazione sociale che è tipica del pensiero liberale. Inteso l'altro soprattutto a sollevare, come condizione dello sviluppo, il reddito nazionale e la domanda globale, inquadrando cosi la soluzione economica in una prospettiva ohe è pro­pria del pensiero democratico.