Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno <1962>   pagina <685>
immagine non disponibile

Libri e periodici
685
circa la protezione del governo francese e tanto meno clic, prima dello scoppio della rivo­luzione, fosse a conoscenza dei disegni dei ribèlli, secondo le accuse mosse in un lungo articolo sul giornale Conatitulionnd del 23 giugno del *31, che diede occasione ad aspre polemiche, la cui eco giunse sino al Parlamento. Quel che segui in Italia ai primi di marzo, per Peritanza della Francia, che offrì il destro all'Austria, dopo aver frettolosamente rinnovata l'Alleanza con la Prussia e la Russia, di affidare al feldmaresciallo Frimont la fàcile impresa, con un congruo numero di soldati, di ristabilire sui loro troni i duchi fug­giaschi e di ridare in potere del papa il territorio perduto, è troppo noto per ritornarci su, come sono per gran parte note le feroci reazioni cui fu sottoposta particolarmente Modena, ove Francesco IV, chiamato al comando della polizia il famigerato conte di Ca-nosa, si macchiò di nuovi nefandi orrori. Basterà qui ricordare che, a detta del Cori, fatto funzionare un tribunale statario, 212 persone furon condannate, di cui 26 alla pena di morte e 23 al bagno perpetuo: ciò che sollevò le proteste persino del Mettermeli. Men dura la reazione negli Stati pontifici, perchè si temeva della Francia, che, come si sa, aveva presa l'iniziativa d'inviare al nuovo papa Gregorio XVI un memorandum firmato dalle cinque grandi Potenze ond'egli procedesse a riforme e concedesse ai suoi sudditi di partecipare, almeno in parte, alle pubbliche funzioni: il che ebbe in effetti si scarsa, anzi effimera, esecuzione che costrinse l'Austria a rioccupare Bologna e la Francia, per non perdere il suo prestigio in Italia, ad inviare truppe proprie ad Ancona. Ma rappre­saglie si ebbero pure (il che può destar meraviglia) nella mite Toscana Apprendiamo dalle confidenze al Sebastiani del nnovo agente ufficiale, Charles de Ganay (che a Fi­renze resterà sino al 7 marzo 1833), che sul finir del febbraio del '31 il governo die ordine agli emigrati da Roma (quasi tutti stranieri, tra i quali molti Francesi) che avevan lasciato la città perchè accusati di aver presa parte attiva ai disordini del 12 del mese, di allonta­narsi ora da Firenze: i più favoriti entro due, o al massimo, tre giorni, ma qualcuno anche entro ventiquattr'ore. E fu decretata la chiusura immediata delle Università di Firenze e di Pisa e l'interdizione dell'ingresso in esse per sempre di numerosi studenti per essersi compromessi nei torbidi sorti in Italia. La disposizione colpi pure 16 Corsi. Per l'inter­vento dell'agente francese il Corsini, che era allora incaricato degli affari esteri per la Toscana, revocò il decreto e concesse l'amnistia a tutti, ad eccezione per altro di quattro, che vennero esiliati dal Granducato; ma, dopo le ripetute insistenze del de Ganay, anche essi poterono far ritorno e proseguire gli studi. E la polizia doveva ora intensificare la sua sorveglianza perchè le società segrete avevan ripreso vigore. Accanto alla vecchia Carboneria, cui eran inscritti per la maggior parte medici o avvocati o professionisti e a quella, più recente, dei Fieri Italiani, che aveva di già molti proseliti, specie a Pisa e a Siena, si andava diffondendo la Giovine Italia , di cui a Livorno aveva fondata una congrega Carlo Bini, alla quale si erano pure affiliati abitanti dell'Ardenza e di Montenero. L'anno dopo, nel '32, fu scoperta in via dell'Angiolo a Firenze un'osteria in cui conveni­vano parecchi rivoluzionari per discuter delle loro idee e dei loro propositi (si eran dati il nome di Figli di Bruto ) e vi prendeva parte spesso alle sedute Io stesso Bini. Furon sorpresi una notte (ma il Bini non c'era) e furon tratti in arresto il proprietario dell'osteria, Domenico Orsini, e, tra gli altri (secondo notizie date dal Michel in un suo notevole scrit­to) i due fratelli Guerrazzi. Ma il 1833 fu per la Toscana l'anno più agitato. Livorno era divenuto il centro dì comunicazione del partito repubblicano in collegamento con Marsi­glia, che era divenuta la base principale di operazioni per i rivoluzionari, i quali volevan agire contemporaneamente a Lione, ove avrebbero proclamata la repubblica, in Piemonte e nell'Italia centrale. E dalla Francia si spedivano frequentemente armi e un loro inviato, Aristide Ollivicr, si interessava a Livorno (fu anche arrestato, ma presto fu rilasciato in libertà) per trovar compromessi che volessero raggiungere la Francia. Del movimento par profittassero i legittimisti per pescare nel torbido; comunque sta il fatto che il Canosa faceva spesso comparse a Firenze e vi si recava pure, quando era assente il Granduca, in incognito (e 11 de Ganay ne dava puntualmente conoscenza al suo ministro) 11 duea di Modena per le sue trame con la Duchessa di Berry, ohe soggiornava a Mossa dal giugno del '31. E a Ini, ma particolarmente al suo fedelissimo CanoBa, si, deve se a Firenze tu poli-
9