Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno <1962>   pagina <686>
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Libri e periodici
zia si ffeeè rigida ogni di più: dapprima con tagli continui ai giornali ohe manifestassero' opinioni poco ortodosse circa la politica austriaca o che facessero richiami alle ingiustizie sociali. Ma si giunse anche (ciò che suscitò, oltre la sorpresa, l'indignazione di tutti gli intelligenti e i rimbrotti dello stesso agente francese) alla soppressione dell'Antologia, il periodico Ietto in tutta Italia e che aveva per collaboratori le penne più illustri e che dal 1821, Panno della sua fondazione, si era costantemente adoprata per promuovere la gran­dezza morale della patria. E agli articoli violenti del Cunosa, ispirato dal duca, sulla Voce delta verità di Modena contro la poco occulta vigilanza, a lor avviso della polizia toscana si deve se pochi mesi dopo il governo si vide costretto a far una retata di denun­ciati, e non solo di Firenze, ma di Siena, di Pisa, di Livorno, di Montepulciano, i quali furono arrestati e chiusi nella Fortezza vecchia. Ma il Bini, il Guerrazzi, il conte Agostini e l'avvocato Angiolini, questi due pisani, furono trasportati a Portoferraio e processati. Nei tre mesi di prigionia il Bini scrisse il Manoscritto di un prigioniero e buttò giù anche la scena unica , intitolata al nome del carcere, TI fòrte della stella e il Guerrazzi stese L'Assedio di Firenze, la cui pubblicazione però fu allora vietata. E persino il pru­dente empolesc "V incenso Salvaguoli ebbe a subir gli arresti, ancorché piuttosto blanda sia stata la pena (poteva scrivere e leggere a volontà, secondo narra il Ciampini in un suo studio suggestivo su di lui, recentissimo, comparso sulla Nuova Rivista Storica, su cui ritorneremo piò avanti): forse, io penso, per le sue discussioni battagliere nel Giornale Agrario Toscano sul pauperismo dei contadini. Ma Firenze, anche per le continue pres­sioni dell'agente francese sul conte Fossombroni, che si professava si, e con ragione, dì non essere né francese né austriaco, ma italiano di animo e di cuore, ma che si sentiva impotente di fronte ai voleri del Granduca e in particolare a quelli della Granduchessa doaria, che dominava la Corte, a mano amano riuscì a svincolarsi dall'influenza asburgica e a tornare alla calma primitiva. E in effetti l'anno dopo il nuovo incaricato di affari, l'esperto cavalier Bellocq, che era entrato in funzione alla fine del '33 dopo la breve mis­sione del barone de Talleyrand, che aveva dato non buona prova per il tono troppo altez­zoso delle sue note al Fossombroni e per il suo zelo soverchio nel proteggere gli interessi dei suoi nazionali, dava al suo ministro degli esteri, che era ora il De Broglie, un quadro assai lusinghiero della situazione della Toscana, la cui popolazione (son sue parole) go­deva di un benessere materiale incontestabile, e aveva la- più. larga libertà di parola e aveva a facile disposizione ogni mezzo per accrescere il proprio sapere, poiché la censura permetteva l'entrata nel territorio di libri e di giornali di ogni tendenza (eccetto quelli vietati dalT Indice). E si ridava ora agli esuli benevolo rifugio ed ospitati signorilmente eran nuovamente gli stranieri. A dire il vero l'agente non approvava del tutto il liberismo del governo che giudicava pericoloso sia in campo economico sia in campo sociale: con il primo sistema, secondo lui, si manteneva il paese in una condizione stazionaria e gli si impediva di crearsi nuovi bisogni e soprattutto arrestava lo sviluppo della classe indu­striale, sempre avida di progresso. E con il secondo, chiudendo un occhio sulla vita pri­vata dei cittadini, si facilitava la formazione di società segrete che avrebbero potuto recare ancora allo Stato fermenti superati di agitazione e di disordine . Però l'agente ignorava che gran parte della prosperità materiale della Toscana si doveva proprio alla politica antiprotezionistica del governo del Fossombroni, già messa su questa rivista nel dovuto rilievo dall'Aqnarone; né egli poteva comprendere, data la mentalità conservatrice della monarchia del luglio, che la tolleranza instaurata dal Fossombroni, se portò qualche indubbio danno, quale, ad esempio, la trasandatura amministrativa, e nei cittadini una certa tendenza all'immobilismo, per altro lasciò libero campo agli studiosi di diffondere t risultati dei loro pensamenti o delle loro ricerche, e permettendo che Firenze divenisse il ricetto degli esuli o la dimora di uomini illustri in ogni ramo del sapere, contribuì a far della Toscana la fucina ardente d'italianità. E bene ricordare, al proposito, che neanco nel periodo breve, ma per altro triste, tra il '31 e il '34, dell'infraraettenza, da noi, della Santa Alleanza rinnovata, anche se fu eliminata a Firenze VAtttologia, non fu per nulla interrotta l'attività culturale: continuò in effetti a funzionare VAccademia dei Gcorgofili, else raccoglieva il fior fiore degli scienziati toscani dell'epoca; e continuarono ad uscire