Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno <1962>   pagina <688>
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Libri- e periodici
con falsi documenti, se ne I ornò a Firenze con l'imeuto di preparare unu seconda iiwiirre-snono in Romagna. Scoperto dalla polizia del governo toscano per informazioni avute dalla Curia romana, il Granduca stavolta, sdegnato par la sua impudenza, lo congegnò al go­verno pontifìcio. Del provvedimento* che non pochi storici, tra coi l'Orfani, definirono un ignobile tradimento (ma la cosa è, secondo me, discutibile), trassero profitto democratici, esagerandone la portata (non si dimentichi che il Renzi nella prigionia a Roma si profuse vilmente in delazioni) per propagare e eccitare nella popolazione lo spirito di malcontento verso il governo granducale, talché vari incidenti si verificarono, ad esempio, a Livorno e a Pistoia.
Ma il moto inconsulto di Rimini, sul anale ci siamo soffermata alquanto perchè le versioni date sinora su di esso non rispondono del lutto al vero, giovò pure a qualcosa, a giudizio nostro, e cioè, a far comprendere ai moderati che era ormai tempo di agire più concordemente, poiché la predicazione violenta dei rivoluzionari non aveva seminato sino allora che discordie e rovine. Contro le ingiustizie e i soprusi dei governi a che erano valse le rivolte armate, spesso intempestive ? Non conveniva forse meglio procedere unitamente, richiedendo con proteste in forma legale il riconoscimento dei propri diritti ? Ad indirizzare gli animi ad una visione più chiara della realtà, come ovunque in Italia, avevano influito anche a Firenze le Speranze d'Italia del Balbo e il Primato del Gio­berti, che vi avevan incontrato un numero grande di lettori; ma diffusione più grande ebbe, dopo i fatti di Rimini, l'opuscolo del d'Azeglio Degli ultimi casi di Romagna, vietato in Piemonte, ma stampato a Firenze dalla tipografia Ricci e messo in vendita clandestinamente dal Le Mounier, nel quale l'autore incitava, con vivacità e saldezza di argomentazioni, per l'appunto alla cospirazione a viso aperto contro i principi reazionari di tutti gli uomini onesti e in buona fede. Il governo toscano, intimorito indubbiamente da incitamenti stranieri, non per volontà propria, intimò al d'Azeglio di abbandonare Firenze e proibì l'opuscolo; ma la proibizione emozionò la cittadinanza più che, non l'ope­retta, tant'è che in onore del d'Azeglio prima che lasciasse la Toscana furono organizzati banchetti a Firenze, a Pisa, a Livorno, cui parteciparono, tra gli altri, il Capponi e il Ricasoli. Con l'elevazione al trono di Pio IX l'agitazione febbrile che da qualche tempo occupava gli animi non solo a Firenze, ma per tutta la Toscana, si andò intensificando. Ma particolarmente i primi atti da lui emanati, e cioè la formazione delle commissioni consultive per gli affari amministrativi e comunali, l'istituzione della libertà di stampa e l'amnistia suscitarono nei cuori dei ben pensanti un fremito nuovo (i democratici natu­ralmente stettero in vigile attesa dello svolgersi degli eventi), fremito che si estese anche al popolo men colto. Si sentiva che qualcosa stava maturando d'insolito, cui la Toscana non poteva essere estranea. E le successive concessioni del pontefice ai Romani, tra cui la guardia civica, esaltarono vieppiù gli spiriti dei Toscani, per avite tradizioni più che per natura propensi alla calma, sicché (son cose note) anche il Granduca tra continue esitazioni, poiché l'Austria cercò sino all'ultimo ano passo liberale di intimidirlo, fu co­stretto, di fronte ai clamori popolari (tumulti e arresti avvennero, ad esempio, il 25 otto* bre del '47 e ai primi del gennaio del '48, provocati dagli elementi democratici sempre pronti a forzare la situazione) a fare a mono a mano le stesse concessioni di Pio EX: li­bertà di stampa, guardia civica, consulta. La Francia, a dire hi verità, mediante il suo rappresentante diplomatico a Firenze (e ciò mi par bene far presente perchè giova a far conoscere quale propriamente fu la politica della Francia verso l'Italia durante questo movimentato periodo) dalla nomina di Pio IX a pontefice sino al 22 febbraio del '48, giorno in cui il tentennante Granduca si decise di promulgare la Costituzione, che die origine ad una manifestazione per tutta la Toscana di immenso giubilo con sentimenti scambievoli di amicizia e di amore tra citta e città, cercò di continuo di far opera di per­suasione presso il Sovrano, E il Guizot per il fausto avvenimento espresse le felicitazioni del suo Re al Granduca, accompagnate dal vivo desiderio di assecondare, per quanta in suo potere e nella misura che potrà convenire al governo di Firenze (sottolineo a bella posta le parole) Il ristabilirne ut o parifico e regolare nel Granducato. E, con amichevole franchezza e in nome della propria esperienza, 11 ministro suggeriva due condizioni da cui, a suo avviso,