Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno
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1962
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pagina
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693
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Libri e periodici 693
di Garibaldi iu Calabria determinò il passaggio della guarnigioni d'Abruzzo nel campo dei vincitori: l'impalca tura dello Stato borbonico andò in pezzi senza che fosso necessario sparare un colpo di fucili*. Dalla narrazione del Morii emerge l'incredibile doppio gioco degli organi civili e militari della monarchia borbonica, ansiosi di mettersi al passo con i tempi nuovi. Sole la guarnigione di Civitclla del Tronto, la ramosa rocca che nei secoli possati aveva munito i confini settentrionali del reame di Napoli, rimaneva fedele a Francesco II: essa si sarebbe arresa solo nei marzo del 1861. Ed emerge anche l'altro doppio gioco condotto dalla nuova amministrazione dittatoriale, tra la posizione moderata (fautrice dell'intervento piemontese e dell'annessione) e la posizione dei democratici che puntava su Roma; quest'ultima a Teramo era rappresentata dal Tripoli, nominato Co mandante delle Armi della provincia, dal governo prodittatoriale.
Interessante, in rapporto al delinearsi dei due corsi, quello moderato e quello democratico, un gruppo di documenti riguardanti il tentativo del Bcrtani di impedire da Napoli, o quanto meno di ritardare, il passaggio del Tronto da parte dell'armata sarda; tentativo al quale fa riscontro, sul versante opposto, un lavorio, intesò a portare immediatamente a Napoli Vittorio Emanuele, lavorio che faceva perno, a Napoli, sul De Vincenzi e, a Teramo, sul De Blasiis, sul De Vlrgitiis e sull'ex generale Veltri (comandante borbonico delle Armi di Teramo, questi era stato espulso dalla città dal Comitato teramano d'Azione, ma successivamente era stato reintegrato nel grado dal governo prodittatoriale), E cosi, mentre il Bertani mandava al Tripoti un telegramma, in data 23 settembre, nel quale gli dava disposizione di guarnire il fronte del Tronto e di significare ai Piemontesi che sarebbero entrati in territorio napoletano solo con l'autorizzazione del Dittatore (telegramma per altro smentito da un successivo dispaccio di Garibaldi, in data 24 settembre, nel quale questi ordinava al Tripoti di accogliere come fratelli i Piemontesi qualora fossero entrati nella zona controllata dalla Dittatura), il 4 ed il 5 ottobre due nutrite delegazioni abruzzesi significavano al Re Vittorio, in due indirizzi di cui fu autore il De Blasiis l'urgente bisogno di vedere ripristinato l'ordine ira noi turbato dal morente dispotismo che ci minaccia da un lato e dalla intemperanza di uomini non accetti alla pubblica opinione, ed aventi una fede politica diversa da quella per cui l'Italia si sta rigenerando , p. 124, nota 14) e gli chiedevano di entrare in Abruzzo alla testa delle sue truppe. D 15 ottobre l'armata sarda passava il Tronto e il 21 aveva luogo il Plebiscito che in Abruzzo diede 15.113 sì e 165 no.
Non emerge con chiarezza dalle pagine del Muzii e dai documenti da questo riportati, ciò che il Tripoti fece o tentò di fare per dare pratica attuazione alle istruzioni del Bertani e se tentò di farlo. Il Muzii nega recisamente che il Tripoti, come fu successivamente affermato da parte moderata, alla testa di un migliaio di volontari si fosse diretto verso il Tronto con il proposito di ostacolare l'avanzata dell'armata sarda. E probabilmente è nel vero: cosa potevano fare mille uomini contro un'armata regolare ? E indubbio però che in connessione con l'avanzata piemontese su Napoli, fu deciso l'allontanamento del Tripoti. Il 28 settembre, infatti, questi dava le dimissioni da Comandante delle Armi di Teramo ed assumeva il comando dei Cacciatori del Gran Sasso , la formazione di volontari abruzzesi creata 1*8 settembre dal Governo prodittatoriale, e partiva verso l'interno per reprimere il ritorno di fiamma borbonico che ai era, allora, manifestato.
S. MASSIMO GANCI
MICHELE TOPA, Cosi finirono i Borboni di Napoli (Collana di cultura napoletana, 6); Napoli, Fiorentino, 1959, in 8, pp, IX-366 con tav. fc, 2500.
Il Topa riunisce in questo volume una Berle dì articoli apparsa qualche anno fa nel Mattino di Napoli dedicata alla crisi della monarchia borbonica.
Dal ponto di vista letterario il nostro giudizio è pienamente positivo; il Topa scrive bene, anzi benissimo. Alcune pagine del suo lavoro suscitano una intensa commozione nel lettore. Quelle dedicate alla morte di Ferdinando IT e di Francesco II, ad esempio. E, in generale, il fluire limpido della frase e il tono sapientemente dosato del colora ranno si che il libro si legga con diletto.