Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno
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1962
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pagina
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694
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"Q* Libri e periodici
IJal pini tu di vi.-tu storico U nostro giudizio min e scevro da marcate riserve. Pur non fermandosi alla storia aneddotica pur preudendo decisa posizione nei confronti .degli avvenimenti narrati, l'autore non è riuscito ad elevarsi sul piano della critica storica.
Il tema centrale lei racconto è la rivalutazione degli ultimi due monarchi boritoli tei, rivalutazione che, a tratti, tende ad allargarsi in prospettiva, a riconsiderare il problema ri eli'inserimento del Mezzogiorno nello Stato unitario.
Ora se, dal suo punto di vista, s'intende, 0 Topa ha soddisfatto, per lo meno con 1 ampiezza della trattazione, albi prima istanza, lo stesso non si può dire per la seconda che, pur essendo di gran lunga pia importante, appare sullo sfondo e solo raramente viene in primo piano, attraverso qualche battuta di carattere polemico.
Questo dal punto di vista metodologico. Veniamo ora albi sostanza della tesi del Topo.
Nulla di strano che, a cento anni di distanza, si senta il bisogno di riscrivere la storia della monarchia borbonica in termini meno unilaterali (un tentativo simile ha fatto, con maggiore consistenza storica, Harold Acton, il cui volume sui Borboni di Napoli è stato recentemente tradotto in Italia) ') e polemici, e di mettere in evidenza i lati positivi di essa. Il nostro dissenso ci preme sottolinearlo subito non è di natura aprioristica e preconcetta, ma di altro genere. Innanzi tutto è determinato da ciò che manca nel lavoro del Topa; esso non ci fa vedere, infatti, l'effettivo e valido contributo che il Regno meridionale apportava all'Italia, al momento della unificazione; contributo di primo piano, sia ideologico-politico sia economico. Chi indubbiamente fondamentale, come fu messo a suo tempo in evidenza dal Croce, fu il contributo del liberalismo meridionale, da De Sancite, a Scialoja, a Spaventa, alla strutturazione ideologica dello Stato italiano, nella fase del predominio della Destra; mentre il Mezzogiorno non ebbe, nel quadro dell'economia borghese in Italia, quel posto che gli sarebbe spettato in rapporto alle proprie possibilità e divenne un'area di sfruttamento per quel complesso di circostanze che la storiografia moderna, riprendendo le istanze di Nitti, dei liberoscambisti e del radicalismo meridionalista, viene oggi chiarendo e puntualizzando. Tematica che non appare nel saggio del Topa, soffocata forse dal deciso conservatorismo che permea il lavoro. L'autore ha creduto di rivalutare gli ultimi Borboni, ricostruendo il periodo che va dal 1830 al 1861 in chiave di nostalgia e pantondo sulle più rappresentative figure dei vinti. Nella quale ricostruzione egli, non solo segue da vicino lo schema del De Cesare, ma si spinge più; in là ed accetta i contributi più polemici e libellistici della storiografia borbonica. Vien fuori cosi, un Ferdinando TI sdoppiato in un duplice cliché: quello tradizionale di Re burlone del De Cesare e della magistrale interpretazione cinematografica di Armando Falconi: e quello, più nuovo, di Re insonne , creatore di una monarchia moderna.
Ora a questo punto bisogna distinguere. Sin dall'inizio di questo secolo, da quando uscirono i due saggi del Nitti (Napoli e lo questione industriale e Nord e Sud) la monarchia borbonica è stata oggetto di rinnovato interesse, tenuto vivo, poi, dal gruppo de La Voee dall'Omodeo, dal Cortese, e, dopo, il fascismo, da Carlo Gbisalberti, dal Titone, dal To-meucci, da Ruggero Moscati. Da questi studi sono emerse interessanti constatazioni: si è visto, ad esempio, che il sistema legislativo ed amministrativo delle Due Sicilie si ispirava ai canoni della semplicità e della razionalità. Ma la modernità e razionalità delle leggi non i sufficiente a dimostrare l'efficienza di uno Stato: il problema è di stabilire se e come funzioni la struttura di questo Stato, se cioè le sue leggi, più o meno perfette che siano, vengano applicate e in che modo. E su questo punto ci sembra che tutti gli studiosi, anche i più polemici sostenitori dei Borboni, siano concordi nell'amuleti ero che la struttura amministrativa del Regno delle Due Sicilie non funzionasse affatto. E sono Stati indicati gli aspetti più salienti di tale carenza. Uno dei quali por altro non ancora messo nella sua giusta luce consisteva, a nostro modo di vedere, nel netto dualismo
N V. IIAROUJ ACTOK, / Borboni dì Napoli, trad. it., Milano, 1960.