Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno
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1962
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pagina
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695
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Libri e pur iodi ci
determinatosi nella realtà politica del Regno. .13 una porte una struttura legislativa adeguata e, dall'ultra, una classe dirigente inadeguata allo traduzione operativa di questa struttura. Quando, alla fine del "700, comincia a nascere nel Mezzogiorno continentale e in Sicilia il ceto borghese (più nel primo ad opera di Murai che nel secondo nonostante Caracciolo) questo fu subiin imprigionato nell'armatura di ferro del centralismo borbonico (secondo il Moscati esso assunse forme addirittura patologiche) ' ' che gli impedì di autogovernarsi effettivamente. C'erano si moltissimi funzionari {il nucleo della borghesia napoletana era anzi costituito proprio dalla burocrazia), ma orano solo esecutori, non elaboratori della volontà dello Stato. Né bisogna dimenticare la contraddizione fondamentale della monarchia borbonica: la diffidenza da questa nutrita verso la borghesia, soprattutto agraria, considerata troppo liberale, e il ricorso periodico ai ceti popolari, iu chiave antiborghese *) In Sicilia il problema era complicato dal sussistere e dal persistere della classe aristocratica (contro la quale vani erano stati gli attacchi del Caracciolo) condizionatrice della borghesia isolana i cui interessi non riuscirono a manifestarsi come antitetici ed eversivi rispetto albi nobiltà, ma a quelli della nobiltà finirono con l'amalgamarsi.
Naturalmente da quanto si è detto non sì vuol dedurre che la struttura e la dina-nuca politica dello Stato unitario abbia ovviato a tutti questi inconveniènti. Si tratta, come è ormai universalmente riconosciuto, di problemi aperti, ancora in attesa di soluzione, non solo rispetto alle regioni arretrate , ma anche a quelle che convennero alla unificazione con un bilancio economico-politico attivo.
Passando agli aspetti economici della situazione del Mezzogiorno preunitario, notiamo che il Topa insìste su questo aspetto, soffermandosi a descrivere1 le fabbriche impiantate dall'attivismo di Ferdinando II e a magnificarne l'efficienza: constatazioni dalle quali potrebbe dedursi che il Regno delle Due Sicilie era un organismo economicamente attivo. La qual cosa non è confermata dagli studi che sulla economia meridionale preunitaria, ieri ed oggi, sono stati condotti. Da questi, emerge indubbiamente il fatto obiettivo che i Borboni impiantarono una industria di una certa importanza e la sostennero con una fascia di alti dazi protettivi;3) ma emergono altri dati non meno importanti della questione. Innanzi tutto che l'eccessiva protezione creò una atmosfera artificiale di benessere intorno all'industria napoletana impedendole di farsi le ossa nella lotta quotidiana della libera concorrenza. Per questo e per altri motivi (ad esempio la mancanza di una ardita politica commerciale che sapesse sfruttare la felice posizione geografica del Regno), non si formò al Sud un'arca economica sana, produttrice di capitali da investire o da reinvestire nell'industria; al contrario si costituì un'area arretrata che, crollate con l'unificazione le tariffe protettive, fi* sopraffatta dall'economia settentrionale, più dinamica e più evoluta. Mancavano al Regno le materie prime; la mano d'opera era a buon mercato, ma, nella massa, scarsamente qualificata; *) il sistema bancario era ancora primitivo ed inadeguato. 3) Né a tutto ciò suppliva una organizzazione da parte dello Stato che potesse ovviare alle carenze obiettive. b) E non è da tacere il fatto negativo della concentrazione dell'industria nel retroterra campano ove erano anche le uniche ferrovie del Regno. Motivi questi per cui la borghesia napoletana, nata sotto il regno di re Gioacchino, si sviluppò lungo vie diverse dall'industrializzazione, come la concessione di monopoli da parte dello Stato, l'usura e l'esosità dei patti agrari.7) Essa ebbe, quindi, scarsa consistenza: la maggioranza del ceto medio napoletano rimaneva la burocrazia, retribuita,
j) Cfr. RUGGERO MOSCATI, La fine del Regno di Napoli, Firenze, 1960, p. 23.
a' Ivi, P- 25.
*} Cfr. DOMENICO DKMAIICO, Il crollo del Regno delle Dm Sicilie, I, La struttura
sodale, Napoli, 1960, p. 53. *> lui, p. 84. ) Ivi, p. 110.
6) Cfr. ROGGERO MOSCATI, op. cii., p. 30. 7J Cfr. DOMENICO DEMARCO, op. eh., pp. 82 sgg.
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