Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno
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1962
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pagina
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702
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Libri e periodici
glian/.a civile e morale dogli uomini, da non confondere con il governo democratico dal Persico avversato appunto in omaggio al principio di competenza .
Da un concetto di libertà essenzialmente negativo è nato, per il Persino il dualismo, anzi l'antagonismo tra individuo e Stato. Questo antagonismo deve essere eliminato, perchè erroneo, nel completamento della individualità singola che, realizzandosi in condizioni drammatiche per la lotta contro i sentimenti e le passioni, non può avvenire che in piena libertà, la quale si afferma, di conseguenza, come necessità razionale e perciò, in. rondo, non disgiunta e diversa dalla stessa autorità (Tessitore, pi 71).
Ma il Tessitore, giustamente, non pone l'innegabile interesse dell'opera del Persico in queste suggestioni corporative sempre presenti nel pensiero cattolico del secolo scorso ma in quella discussione sul e senso e significato dello Stato che opponeva a Napoli i superstiti esponenti della cultura neoguetfa agli hegeliani (p. 71)
Le pagine centrali dei lavori del Tessitore e del Lopez sono a ragione dedicate ad illustrare la personalità, ricca di suggestione, di Enrico Cenni*
Li uno dei suoi primi scritti, Delle presenti condizioni d'Italia, del 1862, il Cenni affronta i problemi più urgenti dello Stato unitario, sortì, si può dire con io stesso plebiscito, H Cenni si orienta verso un autonomismo che però si differenzia, secondo le parole del Tessitore, da quei superstiti travestimenti di quell'esperto trasformismo che nella sua lunga storia era stato il governo borbonico (p. 44); l'autonomismo del Cenni è invece ispirato e retto da quella ragione storica che è 11 frutto della educazione del giurista che ha assimilato l'insegnamento vicinano (p. 44). Il Cenni, i cui concetti sono dal Tessitore molto intelligentemente riaccostati al Constant dello Spirito di conquista ed usurpazione) riafferma l'idea che solo una unificazione che respinga l'astratta e razionale uniformità potrà realizzare quella universalità che sarà la grandezza dell'Italia moderna. Di contro, l'opuscolo dello stesso Cenni, Napoli e l'Italia, del 1861, in cui ai auspica il trasferimento della capitale del nuovo Regno a Napoli, terza città d'Europa , testimonia gli incontestabili limiti del pensiero del suo autore. Limiti che, se trasformati in ingenuità dal Lopez (p. 25), non sfuggono alla più attenta disamina del Tessitore, che rileva negli argomenti del Cenni un atteggiamento ancora confuso e vincolato da vecchie suggestioni federative (p. 48). In questo opuscolo, il Cenni dimostra di non essersi ancora completamente reso conto della nuova realtà unitaria; la discussione, pertanto, sol problema della capitale è ancora espressione di quel limitato orizzonte che già tanto aveva angustiato il pensiero meridionale, collegandosi con i profili antidemocratici di già rilevati (p. 49).
Invece crediamo che le pagine di maggior interesse del Cenni siano quelle che egli ha, in diverse opere, dedicato al problema della autorità. Dalla critica al soggettivismo, da cui Cenni fa derivare tanto la sovranità popolare quanto il dispotismo individuale o di gruppo, alla analisi attenta e logica del concetto di legittimità fatta consistere nella verità delle cose, ma in quanto sono considerate come moventesi nella consecuzione del fine di ciascuna (Della legittimità del principe, Siena, 1879, p. 78), il Cenni rivela una lucidità e, diciamolo pure, una modernità di pensiero davvero sorprendente. Ci dispiace, infatti, che il Tessitore, nella sua attenta analisi del pensiero di Enrico Cenni, abbia trascurato di tentare un riaccostamento di questo pensiero con quello di uno dei nostri più geniali filosofi di questo scorcio di secolo. Giuseppe Capograssi.
Anche Capograssi, difatti, come il Cenni, ebbe caro l'insegnamento di Giovanbattista Vico e mantenne viva nel suo pensiero la fede cattolica; insomma, egli può considerarsi come l'ultimo erede di quella cultura meridionale di cui il Cenni fu caratteristico rappresentante. Certo, le Riflessioni sulla autorità e la sua crisi di Capograssi, libro vicinano anche nel titolo come ò stato giustamente definito dal Frosini nel suo saggio sul Capo-grassi (Torino, 1961), rappresentano la meditazione su di un periodo storico diverso da quello di Enrico Cenni; dal 1880 al 1921 una guerra sanguinosa aveva provocato il crollo di vecchi miti e fatto sorgere di nuovi. Negli anni di quel primo dopoguerra, Io Stato, svuotato da ogni realtà etica, scricchiolava sotto il peso di forzo eversive pronte a distruggerlo, il principio di autorità esautorato nella sua sostanza, era ridotto a pura forma dietro cui
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