Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; MUSEI ; GIOVAGNOLI RAFFAELO
anno <1962>   pagina <707>
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Libri e periodici
quella della concessione delle terre, implicava la soluzione di problemi politici assai gravi, come quello della immigrazione di indigeni provenienti d'oltre confine. Il contrasto fra i due provocò incidenti di vario genere* memoriali, dimissioni di Franchetti e perfino duelli.
-A tutto questo si aggiunse il fallimento del protettorato suU'Abissinia, e quindi il pericolo di nuovi conflitti; queste circostanze, unite alle voci di iniquità di ogni genere commesse dai funzionari italiani a danno degli indigeni, provocarono la nomina, nel 1891 di nna Commissione parlamentare che si recò in Eritrea e vi stette cinquantacinque gior­ni, e il 12 novembre 1891 presentò al Parlamento un'accurata relazione. Le principali conclusioni di essa furono che la colonia era suscettibile di servare ha avvenire ad una parte dell'immigrazione italiana e c'era motivo di sperare che potesse a poco a poco essere in grado di bastare finanziariamente a se stessa. Quindi occorreva mantenere buone rela­zioni coi capi e i popoli limitrofi, garantire la sicurezza delle comunicazioni, consacrare la massima parte delle entrate coloniali alla costruzione di opere produttive, specialmente stradali e idrauliche, garantire la libertà personale dei cittadini e la buona aniministra-zione della giustizia, continuare gli esperimenti e gli studi sulla potenzialità agricola della colonia, adottare i metodi di colonizzazione più idonei per una società di contadini-proprietari. Contrariamente all'opinione di Franchetti fu contro l'esclusione dei capita­listi, anzi riconobbe che fin d'ora bisognava aprire la via alla colonizzazione libera e con capitali propri, senza di cui è vano sperare che i nostri possedimenti possano prosperare e provvedere alle proprie spese . In ogni modo bisogna aspettare qualche tempo prima di avviare là una larga corrente d'emigrazione . L'Eritrea non era ancora preparata a ricevere un cospicuo numero di emigranti. Occorre maggiore sicurezza, occorrono vie, occorre uno studio più profóndo, nei rispetti agricoli, del china, del suolo, delle acque; occorre che si sviluppi una certa vita economica; occorre che si formi un certo movi­mento d'affari; occorre che le condizioni vere di quei paesi siano meglio conosciute dagli Italiani.
Queste conclusioni fondamentalmente positive mettevano un freno agli ottimisti e indicavano le molteplici difficoltà cui far fronte, e in fondo spiegano anche il fallimento cui andarono incontro i vari tentativi di Franchetti.
Era vano sperare di avviare verso l'Eritrea la corrente emigratoria oltreoceanica. Nella colonia i contadini non avrebbero trovato nulla, né nna casa, né una capanna, né un attrezzo, nò un terreno preparato. Anche gli Italiani più miseri abitanti sui monti, e con pochi metri quadrati di terra coltivabile strappata al terreno roccioso, almeno una catapecchia l'avevano, ed una suppellettile, anche se misera e rudimentale. Avviandosi verso l'Argentina, il Brasile, gli Stati Uniti affrontavano si una vita di stenti e di sacrifici, ma trovavano terre da coltivare, e terre fertilissime, oppure lavoro nelle industrie. Più volte sono stati sottolineati gli inconvenienti dell'emigrazione, ma c'erano anche gli inne­gabili vantaggi. Lo sviluppo economico del Brasile e dell'Argentina é dovuto in gran parte agli Italiani, ed oggi lo Stato di S. Paolo economicamente e politicamente é in mano agli Italiani, New York ha una popolazione italiana superiore alle nostre città, salvo le mag­giori ed ha avuto anche un governatore di origine italiana; e poi ci sono state le rimesse degli emigranti che hanno recato miglioramenti notevoli in varie regioni italiane, e la loro importanza si può misurare dal contributo di mezzo miliardo annuo, che ha .portato, negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, all'equilibrio della bilancia commerciale.
Inoltre nella colònia mancava la sicurezza, e i coloni erano esposti alle razzie delle tribù di oltre confine che minacciavano di distruggere i frutti delle fatiche di un anno. Tutto questo, più che le diversità dei programmi, più che i conflitti fra Franchetti e i Governatori, rendevano diincile la colonizzazione che, pur non del tutto impossibile, avrebbe richiesto molti capitali e diversi decenni di lavoro e in ogni modo non avrebbe potuto sostituirsi all'emigrazione transoceanica* Giustamente quindi l'A, definisce illu­sioni le speranze suscitate circa il reale valore del nostro primo acquisto coloniale ai fini di una colonizzazione agricola e di un popolamento potenziale . AUGUSTO TORRE
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