Rassegna storica del Risorgimento
LIGURIA ; STORIOGRAFIA ; GENOVA
anno
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1963
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pagina
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40
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Danilo Veneruso
tismo corso nel quadro del secolo XVI11 è apportato dal Sampaoli, nell'illustrazione del pensiero di Scipione Mattei che nel Consiglio Politico presentato al Senato veneziano nel 1736, suggerisce di chiamare entro lo Stato tutti i cittadini, onde evitare a Venezia i disordini del tipo di cui Genova è afflitta in Corsica. ' Dato lo spirito informatore del problema corso, non v'è da stupirai come nel dopoguerra sia stato uno dei più trascurati. Si è già accennato agli aspetti negativi di questo frettoloso abbandono: si può e si deve studiare la Corsica settecentesca, purché non si ricada in artifici polemici o dilettanteschi (e di ciò è ben lecito sperare) e la si consideri inserita più strettamente nel gioco della vita europea del secolo XVlU. Non a caso uno dei nostri storici più attenti, il Fonzi, ha dedicato larga attenzione alle ripercussioni della questione corsa sulla politica interna genovese, sulla sua posizione internazionale e sulla sua politica ecclesiastica. Della Genova settecentesca, il Fonzi ha avuto occasione di presentarci un breve, ma denso profilo, 2> che va al di là dei limiti usualmente posti a tal genere di contributi* Più che un sommario, esso è una chiara considerazione dei problemi posti dall'attuale stato degli studi, associata ad tuia acuta interpretazione che apporta più di un elemento nuovo per la storia genovese di questo periodo. Partendo dal significato della sollevazione popolare del 1746, il Fonzi mette in rilievo come l'oligarchia al potere percepisca, nello schieramento delle forze politiche e sociali di fronte all'inatteso movimento, la possibilità di motivi di resistenza e di prolungamento del proprio dominio nell'alleanza con i gruppi più importanti della borghesia finanziaria e mercantile, anch'essi timorosi del pericolo di una pressione popolare. La pace di Aquisgrana conferisce alla penisola italiana un equilibrio meno instabile: nella pace duratura, la Serenissima spera di trovare un più saldo sostegno alla sua sopravvivenza. Tuttavia il processo di deterioramento della classe dirigente e di tutto lo Stato è irreversibile e non accenna a arrestarsi: il Fonzi sottolinea come alla grave perdita di prestigio internazionale provocata dalla questione corsa si accompagni, a partire dal 1760, una progressiva erosione del consenso popolare per la continua ascesa dei prezzi che, per non essere imita ad un progressivo aumento dei redditi, provoca l'abbassamento del tenore di vita delle popolazioni. Se si aggiunge la condizione di malcontento della piccola nobiltà, cronica da molto tempo, aggravatasi in questi anni per la perdita della Corsica, si può desumere l'ampiezza della crisi dell'antico Stato, che vede dissolti i tradizionali legami e alterati i rapporti reciproci delle classi sociali* Un argomento certo poco trattato dalla storiografia precedente balza con grande rilievo dalle pagine del Fonzi: la politica ecclesiastica della Repubblica, nella quale concorrono nodi sociali, economici e politici in parte discordanti da quelli analoghi degli altri Stati italiani. Il contrasto con la S. Sede per l'invio in Corsica del Visitatore apostolico, mons. Crescenzio De Angelis, costituisce un aspetto delle pretese giurisdizionalistiche genovesi e, nello stesso tempo, di incomprensione delle esigenze delle popolazioni locali, alle quali, invece, si mostra sensibile Clemente XIII, che tenta di associare la fortuna delle tendenze anticurialistiche ai desideri delle classi popolari. Allo scoppio della rivoluziono francese, l'isolamento della grande nobiltà genovese può dirsi compiuto:
*) A* SAMPAOLI, Corsimi, Genova e Italia nel pensiero di Scipione Muffii, in Archivio storico di Corsica, a. XVII (1941), n. 2, pp. 247-249*
3 F. FONZI, Genova 1748-1796, in L'Italia nell'età delle riforme (1748-1796), voi. TU della Storia d'Italia, Torino, U. T. E. T., 1958, pp. 123-129.