Rassegna storica del Risorgimento
AMAT DI SAN FILIPPO E SRSO LUIGI ; ROMA ; MUSEI ; STATO PONTIFI
anno
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1963
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pagina
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101
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/ fondi archivistici del Museo centrale del Risorgimento 101
quattro di Giuseppe Bo fondi e tre di Terenzio Ma mi ani. 11 3 settembre 1848 Gaetano Rocchi si rifiuta di andare a Bologna; il 3 giugno Luigi Mastai raccomanda gli ufficiali e i soldati polacchi, con una lettera che va inserita in quelle di argomento militare. Abbiamo già accennato al Durando; eeco ora il de Sambuy da Modena, 3 luglio, che parla della posizione del reggimento svizzero dopo la capitolazione di Vicenza; Ulisse Panni, che, da Venezia, il 3 maggio, spedisce] i Dettagli storici sui fatti d'arme di Treviso. Fra le lettere di Carlo Pepol del '48, ne segnaliamo una del 18 maggio da Mestre, nella quale si duole delle gare o forse delle rivalità dei due generali Durando e Ferrari [che] hanno portato una grande oscillazione morale nell'esercito . Assai notevoli le corrispondenze dal campo sardo di Luigi Carlo Farmi, di Marco Minghetti (ventitre) e di Carlo Matte ucci, le quali ci riportano, però, anche alla politica interna pontificia, all'indomani dell'allocuzione del 29 aprile. Minghetti lascia il passo al nuovo ministero Mamiani e il 2 maggio scrive: Abbiamo fatto tutto ciò che era umanamente possibile; siamo restati sempre e in ogni pericolo come uomini d'onore... Speriamo che tutto si passerà senza disordine, e invochiamo con fede l'aiuto della Provvidenza . Più ottimista, ma cattivo profeta, Carlo Matteucci il 13 maggio:
Ella vedrà forse nei giornali che io do ragione, come del resto deve ogni buon cattolico, a Pio IX. Non si doveva pretendere che dichiarasse la guerra. Al campo erano già le sue truppe: Egli poi doveva proclamare, e lo farà, che gli Ungaresi, i Croati i Boemi, tutti, devono tornarsene a casa e che bruceranno neWinferno se sono lo strumento di questa ingiusta guerra che VImperatore a"Austria fa all'Italia; doveva dire alVImperatore che smettesse dal far trucidare dei popoli che dovevano esser amici e che sul suo capo cadrebbe la vendetta di Dio per tanto sangue innocente così sparso. Così parlerà Pio IX. Insomma tutto va bene e presto sarà finito .
Mons. Corboli Bussi non poteva pensare allo stesso modo. Dal suo ritiro di Albano, infatti, apriva il suo animo all'amico Amat il 19 maggio.
S. S. alla quale certo ho reso conto della mia missione con tutta la fedeltà che Le doveva, non ha rifiutato il partito che V. Em. sa, né ha voluto risolversi a prenderlo prima di conoscere le risposte dell'Imperatore e del Re, o almeno quelle del secondo. Io intanto ero pure nella stretta necessità di dare una spiegazione alla mia condotta... Mi pareva che il più semplice e discreto modo di darla fosse il riti-rarmi affatto a vita privata: e di ciò Ito vivamente supplicata la clemenza del Santo, Padre. Ma non ho potuto ottenere se non un temporaneo ritiro... Però è una mezza misura, che mi lascia pieno di angustie... .
I mesi passano e le notìzie ci vengono da Giuseppe Galletti (12 lettere del 1848) *), che nel luglio teme per la tranquillità di Roma: può esse-re turbata da un occulto principio di reazione destato non occultamente da persone che di-eonsi amiche di Pio IX, ma che ne sono le più fiere nemiche ; all'indomani della fuga del Papa, il 23 novembre, si affretta a rassicurare l'amico cardinale: La erisi è tremenda, ma spero ancora di salvare Roma almeno dal disastro del disordine: ne ho quasi la certezza ,
*) Sfrattate in ALBERTO M. GIHSAMIEHTI, Giuseppe Galletti ministro di Pio IX (mano-settembre 1048), in Rassegna storica del Risorgimento, a. XVI (1929), pp. 321 sgg.