Rassegna storica del Risorgimento

AMAT DI SAN FILIPPO E SRSO LUIGI ; ROMA ; MUSEI ; STATO PONTIFI
anno <1963>   pagina <108>
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Libri e periodici
che la rivoluzione ne turbasse il pacifico e civile evolversi. Ma il Blanch, nel quale il Maturi vede soprattutto lo scienziato, cioè il teorico della storiografia e della politica (come pre­cursore, p. es., della dottrina dell'avvicendamento deìVélites), osservò che la situazione delle repubbliche aristocratiche non era affatto idillica e che le atesse monarchie illuminate della Penisola o avevano il proprio baricentro fuori di essa o si trovarono, alla fine, in contrasta con la classe colta, e che alla vecchia turbolenta democrazia comunale o alla aristocrazia corruttrice era preferibile la monarchia costituzionale sia pure regionale. Regionalista sì, ma anche federalista il Balbo con i suoi sempre ricorrenti motivi della liberta, dell'indipendenza, delle nazioni cristiano che non possono perire, convinto del­l'identità completa tra pensiero e azione del cristiano, della circolarità e dell'equilibrio delle nazioni cristiane, fautore delle riforme e delle libertà liberamente concesse dai prin­cipi (senza che, a differenza di quelle settecentesche, ledano le prerogative della S. Sede), e dei Savoia come Tunica dinastia capace di assicurare l'indipendenza d'Italia, rigida­mente intesa, dopo aver serbata l'indipendenza del proprio Stato. Il Balbo fu esatto critico della Restaurazione italiana troppo inadeguata a quella europea e in un. circolo vizioso di sette liberali e di sette reazionarie, dal quale si poteva uscire solo con la tendenza mode­rata o cattolico-liberale, senza però che comprendesse profondamente né il fenomeno del socialismo nò quello delle aspirazioni alle unità nazionali in Italia e in Germania prean­nunciati nel '48. Sulla positività dell'azione asburgica (ben piò avanzata civilmente la Lombardia settecentesca in confronto al Piemonte) e della Francia insistette, invece, il Ferrari, che separò nettamente i tre principali partiti o tendenze in Italia (reazionari, democratici, moderati). Essi generarono una storiografia di tendenza , alla quale il Maturi dedicò pagine, al solito vivaci e concettose, che ci consentono di seguire l'atteggia­mento dei tre partiti di fronte ai problemi centrali del Risorgimento. Tra i moderati il Gualterio, che insistette, anche in polemica col Gioberti, sull'importanza politica di pro­blemi economici, sull'errore dell'esasperato atteggiamento antigesuitico, sulla rettilinea condotta di Carlo Alberto, sulla necessità di trasformare il Papato temporale in una mo­narchia costituzionale, sulla importanza delle armi piò che della diplomazia per l'indi­pendenza, sul sentimento di nazionalità come una delle forze ideali della storia (debole nel Mezzogiorno per hi mancanza di attrito costante con una forza straniera), sui pericoli del municipalismo, in particolare di quello siciliano, sulla positività della politica inglese nei confronti della causa nazionale italiana, sul persistente giuseppinismo austriaco, sul comunismo fomentato dall'Austria, sulla demagogia di Mazzini e di Guerrazzi, su Garibaldi più che gran capitano coraggiosissimo guerrigliero. Già nel Gualterio, come nel Farmi, alcuni giudizi storici (p. es., sulle riforme settecentesche) appartengono oramai più alla storiografia scientificamente intesa che non alla pubblicistica, pur essendo altri atteggia­menti (p. es., circa il periodo napoleonico) ancora manifestazioni più di tendenza, che non di critica storica: tali l'opposizione alle sette, l'esaltazione dello Stato sabaudo come forza materiale del Risorgimento e, ancora dopo il '48, di Pio IX. Naturalmente i moderati ghibellini, come il La Farina non condividevano gli entusiasmi per il papato, professavano ideali laici e separatistici e concepivano il Risorgimento come momento dell'eterna lotta tra li berta e autorità, e vedevano nella tradizione da Liutpraudo ad Arrigo VII a Napo­leone i precedenti dell'ideale unitario di Mazzini, non onatemizzavano le sette e avversa­vano le regioni (per motivi spiegati dallo Zini) sostenute dal Furini e dal Minghetti. La pubblicazione di documenti storici, ad opera del Castelli e del Bianchi, non solo servì a illuminare l'opinione pubblica anche con precedenti lontani, diventando così elemento costi­tutivo dell'azione politica come i n genere la p u b bl i ci sii ca, ma servì a rendere popolari Cavour e altri; purtroppo il Bianchi omise non di rado quel che giovavo alle sue tesi omettere. So i moderati attingevano elevate considerazioni etiche sulla libertà o sulla nazio­nalità postulante l'indipendenza, il più dei loro discorsi era dedicato alle vicende diplo­matico-militari. Tutt'ultra atmosfera si respira (anche se per la storiografia si tratta dì opera frammentaria, come, d'altronde, nel caso del Saffi o del Pisacane) in Cattaneo, cclcbratorc della creatività del lavoro umano, della mondialità della scienza, della demo­cratizzazione del movimento nazionale.