Rassegna storica del Risorgimento

AMAT DI SAN FILIPPO E SRSO LUIGI ; ROMA ; MUSEI ; STATO PONTIFI
anno <1963>   pagina <116>
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Libri e periodici
BORIS MOUBAVIEFF, UaUiancerusso-twqueau mUiwdesguerres napoléoniennes; Neuchatel, Bditions de la Bagonière, 1954, in 8, pp. 423. S. p.
Stretta nel 1799, come conseguenza immediata della spedizione d'Egitto e sotto l'egida della seconda coalizione (Russi è Torchi giunsero insieme fino a Roma negli ultimi mesi di quell'anno), la prima alleanza russo-turca, questo grand cauchemar politìque degli nomini di Stato di tutti, i tempi, come la definisce il M., durò fino al 1806, quando la diplomazia napoleonica riuscì a dividere i due alleati e, anzi, li gettò l'uno contro Paltro, con la conseguenza della disfatta turca nelle acque del Monte Athos. Riannodatasi nel maggio del 1812, tre settimane prima dell'invasione, si mantenne fino al termine del periodo napoleonico.
Quali furono le conseguenze politiche e militari di questa alleanza? Nella prima fase essa riuscì, con il peso del suo intervento diretto nel Mediterraneo, a sbarrare a Napoleone la sospirata corsa verso oriente, sulle tracce del grande Alessandro. Nella seconda arrecò il primo irrimediabile colpo al sistema napoleonico, permettendo alla Russia di far risalire al Nord l'armata del Danubio e di impiegarla contro l'ala destra della Grande Armata. Sullo sfondo di questa alleanza campeggia il trapasso dell'impero da Paolo ad Alessandro e l'instaurazione di un rigido assolutismo personale, che segna la fine dell'autocrazia tradizionale russa, nella quale lo zar si considerava il primo servitore del popolo e l'aristocrazia aveva larga possibilità di azione. La definitiva rottura politica conia Francia segna, secondo il M., l'inizio di una politica contraria all'interesse nazionale, che si sarebbe meglio garantito, come voleva il partito di corte, riannodando, invece, relazioni amichevoli con la Francia, mantenendo rapporti di amicizia con l'Inghilterra e rafforzando l'alleanza difensiva con l'impero ottomano. L'altra possibilità avrebbe potuto essere lo spingersi audacemente sulla via della cooperazione attiva con la Francia contro l'Inghilterra. Nei due casi l'alleanza con la Turchia avrebbe lasciato aperte alla Russia le porte del Mediterraneo e le avrebbe permesso di risolvere, senza intrusione di potenze europee, i problemi slavo, greco e rumeno, stabilizzando le relazioni tra il mondo mussulmano è quello ortodosso. Il M. rimprovera ad Alessandro di aver rinunciato a un tale lavoro costruttivo, che egliritiene sarebbe stato possibile, di aver rinunciato, in sostanza al grande sogno di Pietro, per cercare un succès purement personnel et spectaculaire, sans lende-intain et saus profit pouz la Russie . L'immediato risultato della politica di Alessandro fu la rovina della prosperità del popolo russo, centinaia di migliaia di morti, l'incendio di Mosca, la disgrazia e l'allontanamento dei migliori nomini di Stato e capi militari, la dire* zione della politica estera nelle mani di stranieri, specialmente tedeschi, cdont un, Wetpha-lien, Charles-Robert compte de Nesselrode, de triste memoire, se trouvera à la tète du ministère pendant plus de quarante ans .
Per quanto riguarda poi l'altro grande protagonista dell'incontro di Tilsit, il maggiore addebito che il M. muove a Napoleone è quello di aver lasciato la presa verso l'Inghilterra per inseguire sul continente dei vani fantasmi di successo. "Dima e Austerlitz segnano, sempre secondo ilM., l'entrata trionfale del Corso nella trappola tesagli con grande abilità da William Pitt: Le soleil d*Austerlitz brilla pour l'Angleterre et non pas pour la Franco. Austerlitz, quindi, e non Trafalgar, dalla quale anche l'Inghilterra uscì duramente colpita, distolse Napoleone dai propositi di sbarco nelle isole britanniche e segnò, così, l'inizio della rovina.
Tali sono le tesi espresse da M. con grande sicurezza e senza sfumature o chiaroscuri e y lettore vede quanto largo campo di riflessioni stimolanti suscitino, anche là dove con­vincono poco o lasciano del tatto scettici. II lavoro del M., d'altra parte, non è basato su fonti diplomatiche inedite* ma solo su quelle edite, sulle memorie e sugli studi critici già conosciuti, almeno per chi ha conoscenza della lingua russa. In ogni caso il volume si legge con grande interesso ed ha la sua utilità, essondo la grande politica estera della Russia ancora in gran parte sconosciuta fra noi, mentre, grazie al volume di Giuseppe Berti, conosciamo ora quella riguardante l'Italia. VITTORIO E. GIUNTELLA
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