Rassegna storica del Risorgimento
AMAT DI SAN FILIPPO E SRSO LUIGI ; ROMA ; MUSEI ; STATO PONTIFI
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1963
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Libri e periodici
partiti democratici in Francia ai avviavano al declino). Inai! uule il suo federalismo (aia nel *48 sia nel '59, di fronte alle insufficienze delle iniziative spontanee dal basso). Inattuale la sua tendenza, nell'orco che va dal '48 al '59, a non trovarsi mai allineato né sulle posizioni chiaramente monarchiche né su quelle mazziniane (quando la possibilità di una z terza via si riduceva a poco più di una protesta della coscienza). Ma il punto è di vedere se queste inattualità restavano politicamente sterili o se invece rappresentavano esigenze vive sebbene non mature della politica e della società italiane, e se concorrevano efficacemente a convogliare e indirizzare, sia pure tramite una mediazione dialettica, le forze politiche del tempo e a fornire gli stimoli di orientamenti futuri.
Spadolini ha potuto condurre siffatto bilancio della politica montanelliana procedendo con tre differenti indagini corrispondenti a tre diverse parti del suo lavoro. La prima parte è un saggio d'insieme ricavato dal testo di un discorso commemorativo pronunciato a Fucecchio il 17 giugno 1962 (corredato da nutritissime note) che è da considerarsi un contributo critico complessivo; la seconda parte consiste nella pubblicazione e commento di un gruppo di pregevoli inediti tratti dalla Biblioteca Piaucosteui di Forlì (lettere a Paolo Emiliani Giudici, a Luigi Masi, anteriori al '48, a Nicola Fabrizi del '48. ad Angelo Brofferio del '55, nonché una sua poesia ispiratagli dalla cattedrale di Innsbruck); la terza è la ristampa integrale del rarissimo opuscolo di Montanelli, VImpero, il Papato e la Democrazia in Italia, preceduto da un ampio saggio introduttivo. Attraverso l'indagine critica, la ricerca di documenti, e l'esame di uno scritto montaneUiano, Spadolini viene pertanto a cogliere quanto la migliore coscienza contemporanea deve oggi avvertire, a distanza di un secolo, nell'opera del patriota toscano.
C'è una costante nel pensiero di Montanelli che ce lo rende particolarmente vicino: l'avere sempre centrato il tema del rapporto fra democrazia e libertà, il non avere mai ceduto alle suggestioni della dittatura rivoluzionaria , a differenza di Garibaldi e dello stesso Mazzini (come conferma una lettera al Masi), carattere che lo distingue nettamente dal Guerrazzi, contrariamente all'abbinamento dei due nomi consacrato dalla tradizione dei libri di testo (particolare messo in piena luce dalla lettera a Fabrizi). Ve la costante inattualità dell'opposizione a un dogmatico unitarismo, che nella seconda metà del '59 lo portava ad assumere un atteggiamento molto discusso sul problema dell'annessione della Toscana al regno sardo e ad astenersi nella votazione all'assemblea toscana del 20 agosto. Ma su questo punto già il Rosselli aveva chiarito la falsità della leggenda che Montanelli fosse contrario all'annessione indicando il motivo vero dell'ostilità che si attira tra le file della Destra dopo quell'astensione: La verità si è che quella voce isolata, o piuttosto quella voce rimasta silenziosa nel coro, veniva a costituire una frattura in quella facciata di unanimità formale che da tempo ormai i governanti toscani si erano preoccupati di edificare nel loro paese per opporla a un'Europa diffidente . Ed ora Spadolini non esita a rilevare i limiti dell'unitarismo ricasoliano che annullava tutti i distinguo, liquidava tutte le sfumature.
Ma una lettura attenta de L'Impero, il Papato e la Democrazia gli consente di valutare meglio l'interpretazione che il Montanelli dava dell'incerta politica italiana nell'autunno di quell'anno. Egli era perplesso di fronte a un regno dell'alta Italia, non di fronte a un regno d'Italia uno. Sentiva la tremenda incognita della questione napoletana oggi divenuta, dopo Roma, la più importante fra le questioni d'Italia, poiché da Napoli dipende in gran parte anche la maggiore o minore agevolezza dell'ultima nostra liquidazione coli'Austria . E non era sognatore ma sorretto da sagace intuito quando così si prospettava l'avvenire immediato: e 0 il regno di Napoli si trasforma coerentemente alle idee di libertà e di federazione proposte nella lettera dell'Imperatore Napoleone a Vittorio Emanuele; e chi non vede allora come fra i due regni del settentrione e del mezzogiorno l'autonomia mediatrice d'un regno centrale sarebbe chiesta a sostegno d'equilibrio nazionale? O il regno meridionale si dissolve, e il disfarsi della Monarchia parziale che ha base a Napoli importa il disfarsi della monarchia parziale che ha base a Torino: né allora per te nostre provincie sì tratterebbe più di fare regno separato, ne di appartenere ad mi regno più vasto, ma di costituire d'accordo eoli nazione tutta una sola Monarchia italiana . Per cui Spadolini può giustamente osservare che il suo non era un federalismo cieco e ostinato, negatore
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