Rassegna storica del Risorgimento
AMAT DI SAN FILIPPO E SRSO LUIGI ; ROMA ; MUSEI ; STATO PONTIFI
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1963
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pagina
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122
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122 Libri e periodici
ROBERT SYLVAIN, Ocre, Garibaldien, PrSdieant des Deux Mondes: Alessandro Gavassi 1809-1889, 2 voli.; Quebec, le Cent re Fédagogique, 1962, in 8, vm-587. ili. 30. S. p.
Questa vasta opera, clic tu propone esplicitamente di colmare la lacuna della storiografia di parte cattolica intorno al celebre predicatore e garibaldino, segue con minuzia le vicende biografiche del suo personaggio, fin dall'infanzia bolognese, da Ini vissuta in piena epoca di Restaurazione (interessante, in queste note introduttive, l'accenno alle buone relazioni intercorse tra il Fontana, l'eminente teologo barnabita più tardi cardinale, e l'esecutivo della Cisalpina). L'A., malgrado la fermissima impostazione cattolica della sua tesi, non si dissimula l'insufficienza assoluta del tipo d'insegnamento prettamente umanistico impartito dai Barnabiti bolognesi di S. Lucia al Gavazzi ed ai suoi coetanei, i quali, pur presi in mezzo all'atmosfera di rinascenza spiritualistica a religiosa dell'epoca e magari, come appunto il Gavazzi, da essa affascinati, non ricevettero certo in questi anni formativi nna preparazione dottrinaria adeguata alla loro missione evangelica. Tutt'al più. e F A. non manca di sottolinearlo onestamente, pur non conferendo al rilievo l'incisività che meriterebbe il Gavassi acquistò in quest'ambiente un abito di intransigenza ideologica spinta ai biniti del settarismo, e di rigida dirittura morale, che non lo abbandonò più. durante tutta la vita, anche dopo il capovolgimento delle sue posizióni religiose. Le successive e spesso ingarbugliate vicende della vita religiosa del Gavazzi vengono quindi ricostruiti dall'A. con nna fedeltà e ricchezza di particolari inediti che non si potrebbero desiderare migliori (nna svista a I, 27: l'ordinario di Cesena nel 1827 è il vescovo e non arcivescovo Anton Maria Cadolini, lo zelantissimo barnabita che troveremo più tardi cardinal vescovo di Ancona, zio di Giuseppe Ignazio, figura tra le più apiccate nell'entourage del futuro Pio IX). Di particolare interesse, nel 1843, il soggiorno parmense del Gavazzi, col suo generoso apostolato in prò dei prigionieri, testimonianza di un calore evangelico che l'A. si guarda dal disconoscergli, deplorando anzi il suo successivo traviamento verso le seduzioni della vita politica. Eppure questo spirito di carità non riusciva a salvare il Gavazzi dai fulmini della Curia, a causa delle sue simpatie giobertiane: e lo stesso Pio IX esitava ben dieci mesi prima di autorizzarlo a lasciare il ritiro marchigiano dove la reazione gregoriana lo aveva confinato: segno che nell'appassionata eloquenza del Gavazzi si scorgeva qualche addentellato propriamente popolare, magari demagogico, che andava ben oltre i cauti propositi riformistici dei primi mesi di papa Mestai. Senza dubbio, Gavazzi partecipò caldamente all'entusiasmo generale per Pio IX, pur limitandosi a vedere in bri, osserva a ragione l'A., esclusivamente il principe riformatore e non il vicario di Cristo (ma era questa una deformazione politicistica alla quale soggiacevano un pò* tutti, compresi un Azeglio o un Minghetti, ben più scaltriti e disincantati dell irruente predicatore bolognese !). Ma in lui c'era qualche cosa di più, un fremito, un inquietudine, che anticipavano l'atmosfera repubblicana. L'A. ai preoccupa opportunamente, e con molta sagacia, di circoscrivere in equi termini, soprattutto sulla traccia del Monti, la portata sovvertitrice delle dichiarazioni di Pio IX (acutissima l'osservazione, I, 104-5,sulla mancanza di uno specifico accenno politico all'Italia e sull'insistenza, viceversa, intorno agli aspetti strettamente religiosi del problema nazionale nel famoso manifesto del 10 febbraio 1848). Ma non si cura affatto, purtroppo, di ricercare come nasca e si formi quel patriottismo democratico che pone l'accento sui problemi sociali, della nobiltà, della ricchezza, del parassitismo, trovando in Gavazzi un pronto ed infiammato interprete, e distinguendosi subito, con caratteri propri, nell'immenso caleidoscopio del ncoguclfismo quarantottesco. Scrupoloso ed onesto com'è, l'A. non manca di riconoscere la fondatezza della voce pubblica che scorgeva in Gavazzi un personaggio benedetto dal papa per la crociata ed investito da lui di poteri non ben definiti ma certamente particolarissimi: e tuttavia egli evita d'indagare, all'infuori dell'infatuazione, della teatralità, la natura profonda di questa crociata , l'importanza del suo obiettivo remoto, che viceversa Gavazzi individuava tanto rozzamente quanto esattamente, e che consisteva nò più né meno glie nel legare le masse contadine tradizionalmente cattoliche, sulla prospettiva immediata e concreta d'un gran rivolgimento sociale, alla causa dell'indipendenza italiana. Lacuna assai grave, e appena il caso di dirlo, che toglie gran parte del sapore di novità