Rassegna storica del Risorgimento
AMAT DI SAN FILIPPO E SRSO LUIGI ; ROMA ; MUSEI ; STATO PONTIFI
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Libri e perioditi
rato dai più) che si deve, a Carlo Alberto la prima iniziativa, in Piemonte, per un progetto di una linea che unisse il porto di Genova con Torino, e con diramazioni, di cui una raggiungesse il confine del Ticino e un'altra verso il Lago Maggiore si allacciasse con la rete Elvetica: suscitando per altro le proteste dell'Austria clic ora fortemente ostinata nel prò-posito di mantenere ad ogni costo isolata la Lombardia da ogni comunicazione specialmente con il Piemonte allo scopo ben palese di inibirne ogni progresso economico. D'allora cominciarono ad avere in Piemonte un sempre crescente impulso le costruzioni ferroviarie, ma (quel che grandemente conta) a mano a mano con il succedersi degli eventi bellici il problema ferroviario passò dal piano strettamente particolaristico al piano politico, cioè come mezzo per affrettare il processo di unificazione del Paese.
Si discusse anche del comportamento del clero bresciano tra il '49 e il '59: comportamento, nell'insieme, degno di plauso, poiché se ci furono sacerdoti di idee reazionarie, la maggioranza però condivise con il popolo, benché sottoposta all'assidua vigilanza della polizia, la speranza per la libertà della patria, esprimendo i propri sentimenti senza iattanza, ma senza paure, e prodigandosi spesso in aiuti ai ribelli con rischio della propria persona. Ha particolarmente dell'Abate Camcroni, di Trcviglio, già cappellano all'Ospedale Maggiore di Milano, fu messa in giusto risalto l'opera infaticata e ardua da lui compiuta per un decennio in Piemonte in prò degli esuli italiani. Perseguitato per le sue idee liberali dall'Austria che gli confiscò i beni, nel *48 passò da Milano a Torino, accreditato da quel governo per organizzarvi l'emigrazione: compito cui egli attese con il fervore di un apostolo. Treviglio conserva del Camcroni assieme con la intera sua biblioteca (era egli uomo di immenso cuore, ma provveduto puranco di alta e profonda cultura) l'Archivio dell'Emigrazione: una raccolta di oltre tre mila appunti, di cui non pochi segreti (su di esso fu letta nel convegno una penetrante ed ampia relazione) concernenti notìzie sulla vita spesso dolorosa degli esuli, sul loro comportamento (non mancarono purtroppo i barabba, i tagliatori, i servi della polizia austriaca) e sugli accorgimenti da Ini studiosamente spiegati per venire incontro ai loro bisogni materiali. Vi son anche documenti che riflettono le delusioni di alcuni eroici volontari che, dopo aver sofferto per l'amore del Paese ogni sorta di disagi o di pericoli, non ebbero il riconoscimento dal governo tanto desiderato ad onta di ripetute istanze; come avvenne, tra gli altri, al generale Zaverio Griffi ni, distìntosi principalmente nel primo combattimento di Goito, e al colonnello Alessandro Monti (ambedue furono durante le adunanze onorevolmente ricordati) che si era battuto prodemente in Ungheria al comando della Legione italiana da lui formata.
SÌ quale aiuto possan essere i carteggi privati anche per l'esame di una situazione generale diede un limpido saggio la relazione, sulla scorta di lettere inedite, delle vicende del Nievo quando egli si arruolò, nel '59, nelle Guide di Garibaldi; dal racconto apprendiamo, tra l'altro, che la rapidità di movimenti dei Cacciatori dell'Alpi facilitò le sommosse dei patrioti impegnando senza tregua le forze dell'avversario. Un manoscritto, pure inedito, ritrovato tra le carte di una famiglia patriarcale d'Iseo (fu oggetto esso pure di una lucida comunicazione) rivelò il contributo veramente mirabile ch'essa diede ai moti di redenzione dalla schiavitù, straniera, poiché tutti i figli maschi parteciparono con entusiasmo e con ardore alle varie fasi delle lotte risorgimentali. E indubbiamente anche il loro fulgido esempio deve aver influito sull'ambiente locale, perchè Iseo nella storia del Risorgimento lasciò scritte pagine gloriose.
Tra coloro che a Milano furono tra i più tenaci e assoluti nella famosa resistenza alle interessate lusinghe dell'arciduca Massimiliano (ma anche Brescia ebbe un contegno al riguardo lodevole) e che furono sempre sinceramente consenzienti al programma del Cavour giustamente fu richiamato il nome del sommo Manzoni.
Sull'atteggiamento del Cavour verso la Lombardia nel giugno del '59 informò una relazione esauriente e concreta, dalla quale risulta che sei giorni dopo l'inizio delle operazioni militari egli aveva di gli riunita a Tori no una commissione, presieduto da un milanese, il conte Cesare Giulini della Porta, e composta di deputati, di giuristi e di economisti di vaglia onde proponesse uno schema di sistemazione provvisoria della macchina amministrativa della Lombardia da applicarsi all'indomani della vittoria finale, rimettendo a tempi più quieti l'intera fusione con lo spirito liberale del Piemonte. Ma, per dire il vero,