Rassegna storica del Risorgimento

AMAT DI SAN FILIPPO E SRSO LUIGI ; ROMA ; MUSEI ; STATO PONTIFI
anno <1963>   pagina <129>
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Libri e periodici 129
temporanea, italiana come straniera. Ne risulta cosi qualcosa che va ben al di là dì un affet­tuoso omaggio alla memoria di un maestro: un capitolo assai notevole di storia della cultura. . u capitolo in cui, naturalmente, il problema del rapporto fra la storiografia di Uiabod ed il pensiero crociano occupa un posto di grande, anche se non del tutto prepon­derante rilievo. E nel delincare la natura e gli aspetti particolari di tale rapporto, Sasso dimostra mano sicura e felice. Ne siano prova le osservazioni a proposito della Storia della politica estera e della Storia d'Italia di Croce. Quel che conta nel giudicare questo libro scrive Sasso a proposito della primaè di vedere sei giudizi che esso senza dubbio in gran parte condivide con la trattazione crociana non rimandino poi, pur nella sostanziale comunanza di ideali e di * valori ', ad un diverso stato d'animo, ad una diversa interpre­tazione del destino dell'Europa. Da questo punto di vista (e giova tornare esplicitamente su un'osservazione che è già stata fatta) la stessa imponenza dell'*apertura europea* della Storta chabodiana non potrebbe essere compresa nel suo effettivo significato se non si tenesse conto della necessità, in cui lo storico si è trovato, di cogliere i termini generali di una crisi che non riguardava una sola nazione, ma il tradizionale corps politique de l Europe. E in proposito è illuminante l'atteggiamento dei due storici nei riguardi del fascismo; perchè, se è innegabile che anche nella Storia d'Italia non mancano le anticipar zumi di quel che avvenne poi (e basta leggere con attenzione la prefazione al libro per misurare la volgarità del giudizio secondo cui Croce avrebbe scritto la sua storia come se con Giolitti i tempi avessero realizzato una perenne pienezza), ben diversa era ormai la prospettiva di Chabod. Nella Storia d'Italia hi brusca rottura del ritmo liberale della storia italiana è spiegata in termini quasi esclusivamente italiani (si pensi all'ultimo capitolo), e manca, ancora il grande quadro europeo in cui la crisi assume il suo significato pieno. Nella Storia di Chabod, che aveva ovviamente ben altre esperienze dinnanzi a sé, e che sentiva di esser giunto alla fine di un processo che nel *27 era ancora alle prime battute, questo quadro è presente e l'interpretazione della crisi ben altrimenti penetrante. E come si fa allora ad affermare con tutta tranquillità che la Storia di Chabod non è che una Storia d'Italia più minuziosa, più ricca, e magari più sapiente nella elaborazione e riela­borazione di un vastissimo materiale politico, culturale, economico e diplomatico? .
E poco più avanti Sasso precisa ancora: Ponendo in risalto le aspre polemiche e le gravi difficoltà attraverso le quali la classe dirigente italiana fu costretta a compiere il suo lavoro, sembra quasi che hi preoccupazione di Chabod sia non solo di far luce sullo aforzo tenace e coraggioso con cui quell'opera fu compinta, ma altresì di insistere sulla precarietà e hi fragilità dell'equilibrio politico generale, nel cui ambito, appunto, fu com­piuta. Ed anche da questo punto di vista, c'è differenza di tono tra la Storia di Chabod e la Storia d'Italia di Benedetto Croce. In quest'ultima, in effetti, il ritmo della storia italiana appare assai più limpido e serrato; nella Storia di Chabod tutto si svolge in un clima di sottile inquietudine, e i protagonisti stessi del racconto appaiono segnati da dubbi e da preoccupazioni, da un senso oscuro di precarietà. E tuttavia, malgrado il qua­dro mosso e vario che ha saputo delineare, l'inquietudine è, qui come sempre, essenzial­mente staticità; sembra quasi a tratti che agli uomini di governo italiani egli abbia dato qualcosa della sua malinconica sfiducia nel futuro dell'Europa, che per lui era la civiltà. Si direbbe, insomma, che le perplessità di quegli uomini dinnanzi al mondo nato dalla Ri­voluzione francese siano, fatte ovviamente le debite differenze, le stesse perplessità di Chabod dinnanzi al mondo di oggi, che il suo liberalismo, cosi profondamente legato al colto settecentesco ed ottocentesco delle grandi aristocrazie spirituali, non riusciva a dominare, e qualche volta era apertamente portato a paventare .
Giustamente, a proposito di questa e malinconia di Chabod per quel che poteva e può apparire l'inesorabile declino d'Europa, Sasso si rifa a Burckhardt e a certi saggi di Werner Kacgi, come in particolare quello Sul piccolo Stato nella storia della vecchia Europa. Anche se, a dire il vero, la sobria malinconia di Chabod ha toni ben diversi dal cupo pes­simismo del primo, quale si rispecchia sopro tutto in tante pagine delle Weltgeschichiliche Betrachtungm e degli Historìscho Fragmente* oltre che nel suo epistolario. Vi era, nella personalità di Chabod, un sereno e virile equilibrio che Io teneva lontano dagli atteggia­menti querimoniosi e dagli smodati sconforti. AIBEBTO AQUARONE
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