Rassegna storica del Risorgimento
ROMA ; CAPELLO LUIGI ; MUSEI
anno
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1963
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pagina
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558
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Libri e periodici
talmente dal carattere umanistico, o se si vuol meglio, classicista della letteratura della Restaurazione. L'intento dell'autore è in vero propriamente pratico e divulgativo, anzi a me piacerebbe chiamarlo senz'altro un libro pedagogico, poiché si indirizza a tutti gli Italiani dell'età sua, ma in ispeciai modo ai giovani, onde, in fiacchiti come sono dalla schiavitù e dall'ozio per l'oppressione straniera, dalla conoscenza del passato glorioso di nostra gente che sin dai secoli più bui ebbe vivo il sentimento nazionale, siano incitati a mettere in atto, concordemente, quel principio dell'indipendenza che è il primo dei doveri nazionali , che importa più che l'imperio del mondo e per il coi conseguimento tatto si deve sacrificare se è necessario, anche la vita. E il libro ha anche spesso un tono polemico, poiché il Balbo era nettamente avverso, per la sua indole battagliera e smaniosa di azione, alla letteratura erudita stucchevole, indifferente ai vizi e alle virtù, dedita unicamente alla pura contemplazione e al puro esercizio retorico. A questo proposito mi par opportuno ricordare le limpide pagine introduttive al Sommario balbiano del Talamo, il anale sapientemente mette nel dovuto rilievo il significato dell'attivismo dell'autore, da altri frainteso, e cioè, non un contrasto tra fare e pensare, e con prevalenza del primo sul secondo, ma propriamente un contrasto tra il pensiero nutrito di realtà umana e il pensiero frivolo e fine a se stesso.
Si fa appunto al Balbo, specie dai crociani, di aver inserito, sull'esempio del Denina, la storia di Roma antica nella storia d'Italia, poiché questa non si inizia, a loro avviso, che verso la fine del Settecento o giù di li. È una questione che fu molto discussa; ma poro a me ci si debba ormai convenire che si deve dar lode incondizionata all'autore del Sommario per aver per il primo da noi intuito (e ne diede nella sua opera via via la dimostrazione) che sin dal tempo degli Etruschi Borse il sole patrio d'Italia e che Roma si fece grande ponendosi a capo di quel sentimento di nazionalità che è di tutti i tempi, antichi come nuovi, rozzi come civili : sentimento che ebbe aiti e bassi, attraverso i secoli e anche forme diverse, ma che andò man mano sviluppandosi sino a confluire nel '61 nell'unità della Penisola. Ma purtroppo tutto il libro è guasto da un errore fondamentale: e cioè dall'a ver il Babbo, in conformità delle sue idee conservatrici e legalitarie e del suo spirito profondamente religioso anche per tradizione familiare, valutata tutta la storia italiana alla stregua della rivelazione cristiana e di aver considerato il Papato, in ogni epoca, come l'elemento essenziale della nostra cultura e della nostra civiltà. Il riportare, come dice bene il Pavan, la storia profana alla storia sacra, gli fece suggerire interpretazioni spesso gravi: tra l'altro, egli vide sol ozio e vizio e corruzione in Roma prima che sorgesse la Cristianità e non comprese (né poteva forse allora comprendere) che senza la conversione di Costantino prima, e, di poi, senza l'incoronazione di Carlo Magno non si sarebbe costituita quella coscienza di universalità politica e religiosa, da cui avrà principio la storia d'Europa, ma che (come ce ne dette le prove il Folco nel suo saggio originalissimo del 1942) i conflitti, prima latenti, poi aperti tra le due potestà, contribuiranno a romperla man mano rendendo impossibile il ritorno alla concezione cristiana assoluta del mondo cui aspirava il Papato, favorendo, d'altro canto, l'estendersi della potenza imperiale. Di qui la lotta delle investiture e il sorgere dell'età dei Comuni, ohe per il Balbo fu età splendida, sì, per cultura e per civiltà, ma miseranda, perchè non rimase tempo all'acquisto dell'indipendenza, perché, sopraffatti da altri pensieri , non si compiè lo acquisto di questa quando s'ebber l'armi in mano a propugnarla e si attese a tutto fuorché al più necessario e si apparecchiò la nazione a qualunque signoria o preponderanza straniera fosse per venire . Accusa ingiusta, come ognun sa, poiché, se anche non unita materialmente, alla fine del medioevo l'Italia fu legata strettamente da una validissima unità morale. In nome d'Italia (cosi a Legnano) si combattè gloriosamente più di una volta contro l'Impero, al di sopra di ogni contesa municipale e ispirati i poeti e gli artisti furon tutti ad un comune ideale e sotto gli auspici del Comune risorse il diritto romano, che in verità, come precisò il Sai violi, fu un diritto nuovo, ma giovò per altro ad unificare tra città e città i rapporti economici, sociali e giuridici e a favorire l'analogia delle istituzioni. E tatto chiuso com'era nel suo misticismo etico-politico e pedissequamente legato ai dettami della Chiesa cattolica, non è maraviglia se egli non abbia visto altro nella Ri-