Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; CAPELLO LUIGI ; MUSEI
anno <1963>   pagina <572>
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572 Libri e periodici
popolo, cui pure aveva dato il suo contributo nel 1848-49 partecipando al combattimento di Sono e alla difesa di Venezia e poi tra il 18S0 e il 1852 come cospiratore segreto. Con­dannato a morte nel febbraio 1853 a Mantova, scontò quattro anni di carcere a Joseph-stadt e a Lubiana, venendo quindi liberato per amnistia. Dopo qualche anno, alla vigilia della campagna del 1859, eccolo in Piemonte, tra i membri più attivi dell'emigrazione. Le prime polemiche e i pruni dissapori tra esuli di tendenze diverse lo spingevano presto sulla scia della politica cavouriana, tra coloro, cioè, che facevano affidamento sugli uomini del Governo per la soluzione dei loro problemi e cercavano di agevolarne l'opera inco­raggiandoli, spronandoli ed informandoli.
TI Cavalletto e sfavorevole ad ogni iniziativa popolare, che prenda la mano al Go­verno e lo inetta imprudentemente in pericolo; in particolare leggiamo i suoi apprezza­menti sfavorevoli sull'attività di uomini come Mazzini o Garibaldi o Tommaseo, mentre è disposto a spiegare e difendere l'operato di altri, pur molto inferiori al Cavour, come il Petitti o il La Mormora, in quanto investiti di responsabilità gravi militari e di governo. Egli teme che gli emigrati si lascino rimorchiare dagli elementi più avanzati ad imprese avventate e danneggino più che favorire la causa dell'unificazione nazionale. Sotto que­sto aspetto vanno visti anche i suoi excursus di politica estera, abbastanza acuti: se si pensa che sono scritti durante il fluire degli eventi, non mancano d'una certa prospettiva storica quale solo i posteri sono in grado di possedere. Sono toccate le relazioni con Un­gheresi, Polacchi e Slavi; la politica d'equilibrio dell'avara Inghilterra', la politica austriaca ugualmente egoistica e ingannatrice; la politica italiana, prudente e riservata, mentre si va attenuando la simpatia francese, che aveva fruttato la fraternità d'armi del 1859.
I compiti dell'emigrazione sono chiaramente segnati: favorire l'arruolamento dei volontari, ma evitare l'ingrossarsi d'una emigrazione non qualificata, sprovvista di mezzi e turbolenta; svolgere propaganda scientifica e spicciola d'ogni genere; tutelare gl'interessi degli emigrati, promovendo leggi e provvidenze governative; salvaguardare il loro buon nome, smascherando i disonesti e gli opportunisti; subordinare comunque la propria azione alle direttive del Governo e non impegnarlo in azioni dubbie e compromettenti. E bene, invece, che l'emigrazione sia presente sulla stampa e nella vita pubblica del paese; con­tribuisca alle iniziative di risonanza nazionale, come il monumento a Cavour o la campagna contro il brigantaggio; informi dettagliatamente sui movimenti nei porti e sulle ferrovie, fornisca notizie di carattere militare, disegni e piante delle coste e delle fortificazioni, dell'entità delle truppe austriache; diriga la resistenza legale al dominatore nelle province oppresse, impedendo che si illanguidisca o degeneri in atti sterili e dannosi: agevoli l'opera degli uomini di fiducia-del Governo, dei consoli e agenti politici e commerciali italiani. La questione veneta dev'essere sempre presentata in blocco, come un'unica questione delle province soggette all'Austria, perchè insieme dovrà essere risolta dopo la sicura vit­toria militare
Da quando, nei primi mesi del '61, erano entrati nel Comitato Veneto, fraternamente accolti, i rappresentanti della Venezia Giulia e del Trentino, Luciani, Fortis e Menci, datava l'amicìzia e la comunanza di ideali fra il Cavalletto e il Luciani, il quale rimarrà fino alla morte in corrispondenza col patriota padovano. Negli anni tra il 1861 e il 66 il Luciani svolse attività notevole* non solo come centro di raccolta e di coordinamento dell'opera segreta degli Istriani oppressi, ma anche come fiduciario dell'intero gruppo di emigrati a Milano, gruppo politicamente più avanzato di quello torinese e che non po­chi fastidi venne creando al prudente Cavalletto, ma appunto perciò operoso e di primaria importanza nella vita dell'emigrazione tutta.
Purtroppo l'auspicai a soluzione dell'intera questione veneta non si avverò nel '66 e la solidarietà stessa fra gli emigrati, cementata da anni di ansie, di attese, ma anche di dissensi e di crìtiche* venne raffreddandosi. Il Cavalletto ritornò nella sua Padova, men­tre l'emigrazione giuliana si accresceva e diveniva Impuziente, Egli rimase, però, vicino agli esuli e cercò pure di favorirne le aspirazioni, poiché, aveva dichiarato al Luciani nel dicembre del "66: Io non sarò contento che il giorno in cui potrò benedire l'unità d'Italia in Pola ricongiunta alla Patria comune .