Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; CAPELLO LUIGI ; MUSEI
anno <1963>   pagina <574>
immagine non disponibile

574 Libri e periodici
sinceramente devoti al culto de1 loro padri, anche quando combattono per l'indipendenza del loro paese e decidono col loro voto delle sue sortì avvenire [. ..]. Le circostanze in cui versa l'Italia sono cosi gravi, che il principio del potere temporale da un Lato, quello della tutela della Chiesa dall'altro, debbono entrambi scomparire per lasciar luogo all'ado­zione leale e compiuta della massima: libera Chiesa in libero Stata. Ninna concessione par­ziale basterebbe a ricondurre la pace nelle coscienze e dare all'Italia la tranquillità di cui ha d'uopo (doc. n. 82). Ma appena due anni dopo, nella esposizione finanziaria fatta alla Camera il 14 febbraio 1863, il Mmghetti affermava: La questione finanziaria primeggia e sovrasta in questo momento tutte le altre. Perfino quelle questioni politiche, la soluzione delle quali forma il supremo intento dei nostri pensieri, ove intendiamo consacrare tutti i nostri sforzi; perfino quelle questioni che sembrano in questo momento passare dinanzi alla stringente necessità dell'interno ordinamento (doc. n. 129).
È una constatazione abbastanza ovvia, dunque, che gli atti più. concreti della politica ecclesiastica dei governi della Destra e cioè la soppressione delle corporazioni religiose (legge del 7 luglio 1866) e la liquidazione dell'asse ecclesiastico (legge 15 agosto 1867) siano maturati nel corso di un dibattito politico generale dal quale discenderanno altre vaste e organiche riforme economiche, politiche, legislative e sociali. Le discussioni sviluppatesi intorno a quelle leggi non possono, infatti, essere interpretate né come frutto di una impostazione esclusivamente ideologica della politica ecclesiastica dei governi liberali, né di una impostazione strettamente finanziaria. E rileggendo la relazione della Commissione della Camera al progetto sulla soppressione delle corporazioni religiose non possiamo non cogliere l'ampio respiro e il giudizio preciso, che su quel progetto si dà; ma vi è soprattutto l'indicazione di problemi economicosociali che spieghino e giustifi­chino il progetto e ne prolunghino l'efficacia al di là di una prima e immediata attuazione. Per abusi secolari è detto tra l'altro nella relazione dei quali sarebbe superfluo rinnovare la storia, l'amministrazione civile del culto cattolico si è infiltrata nella ammi­nistrazione politica e civile dello Stato [...]. Istituzioni chiesastiche, forse lodevoli alle origini, alcune utili in altri tempi meno civili, vivono generalmente degenerate in mezzo alla società per favorire l'inerzia dèi loro componenti, spargere di dannose superstizioni le verità cattoliche. Vasti possessi sottratti al commercio, isteriliti da amministratori che non avendo vincoli civili col possesso, né studi o abitudini di vita operosa alle indu­strie, non Io curano, né sanno trarne profitto, né svolgerne le ricchezze, sicché vediamo nelle Provincie, ove più il clero possiede, l'agricoltura meno progredita, il bosco ove do­vrebbe fiorire la messe, scarsissime e disagevoli le comunicazioni, le campagne deserte di abitatori [....]. Una legge che si accingesse a riparare alcuni di questi mali non raggiun­gerebbe il fine, e forse complicherebbe vieppiù questo stato di cose; per essere savia deve essere completa, e por mano a riparare tutti gli inconvenienti, o almeno ad avviare a codesto fine più largo. Deve quindi mirare politicamente a separare la Chiesa dallo Stato e dare alle due istituzioni la necessaria libertà troncando i vincoli che li univano; abolire istituzioni che condannano gli uomini alla inerzia per restituirli alla società sotto il prin­cipio di ogni governo libero, che cioè si debba ritrarre dall'attività individuale dei citta­dini ogni maggior frutto pel bene comune. Sotto i rapporti economici restituire alla cir­colazione e passare all'industria privata, onde ne remova l'isterilimento e ne svolga la ricchezza, vasti possessi. Nei rapporti morali e religiosi dare al clero più operoso e merite­vole una condizione di vita tollerabile, egualmente lontana dalla opulenza che ne favori­rebbe l'ozio e della miseria che ne conculca la dignità (doc. n. 152). Questa pagina mo­stra, dunque, in modo esemplare non soltanto la presenza di un generico senso dello Stato (che, secondo la D'Amelio, costituisce invece l'elemento più caratteristico del­l'azione politica dei dirigenti liberali), quanto il carattere che assunse l'azione riformatrice e rinnovatrice in quei dirigenti quando essi riuscirono a sottrarsi agli interessi particolari, alle visioni disorganiche e settoriali nell'applicazione dei programmi politici. Sotto questo profilo la politica ecclesiastica della Destra resta come esemplare unico di un tipo di politica efficace, spregiudicata, creatrice che, talvolta, in altri settori della vita pubblica italiana si sarebbe, invece, rivelata conservatrice, chiusa alle istanze di rinnovamento. E su