Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; CAPELLO LUIGI ; MUSEI
anno <1963>   pagina <579>
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Libri e periodici 579
Il quarto incidente era stato provocato dall'ambasciatore Szécsen, il quale eoo leg­gerezza causata anche dal suo collega presso il Quirinale Liitzow, aveva raccomandato il prof. Feilbogen in Vaticano per l'ammissione ad assistere, nella cappella Sistina, alla Messa pasquale celebrata dal Papa. Quando si seppe, poco dopo, che il Feilbogen, la mo­glie e la cognata, che lo avevano accompagnato, erano israeliti, scoppiò la bomba, che avrebbe causato nientemeno che la sostituzione di Szécsen a Roma e di Belmonte a Vienna, se Pio X in persona non avesse mitigato le ire del suo segretario di Stato (p. 107).
Come è notorio, con la successione di Pio X, migliorate le relazioni fra il Vaticano e il Quirinale, anche Vienna potè trarre un sospiro di sollievo. II pericolo cheli papato po­tesse cadere nell'estremo opposto abbracciando gli interessi politici dell'Italia parve lon­tano ed insospettato sia a Vienna, sia all'ambasciatore Szécsen. E tutti gli sforzi impiegati dalla curia romana per esercitare un'influenza sempre più forte sui popoli slavi parve di­retta piuttosto a sottrarli dalla minacciosa intraprendenza dei Russi, che Pio X non esi­tava a qualificare come i più grandi nemici della Chiesa, che ad incoraggiare il risveglio delle nazionalità contro la monarchia danubiana (p. 125). In questo senso il nostro Autore interpreta anche la conclusione del concordato con la Serbia avvenuto alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale. D papato temeva, insomma, la progressiva diminu­zione della potenza austriaca sul mondo balcanico e faceva i maggiori sforzi possibili per prevenire la sua sostituzione con quella di Pietroburgo. La documentazione chiamata a testimoniare questa tesi, piuttosto ardita, è certamente molto convincente, ma non mi sembra di poter escludere almeno un'attenuazione, quando potranno venire aperti anche gli archivi segreti del Vaticano.
Il cap. IV si apre con l'attività del principe Scbò'nburgHartenstein, successore dello Szécsen presso la Santa Sede, alle prese con il piano di Pio X esposto nell' Omnia instaurare in Christo e le direttive perseguite dal segretario di Stato Merry del Val, il quale, contrariamente al Rampolla, vorrebbe fare dell'Italia la depositaria della volontà di tutte le potenze cattoliche intese a garantire, con un patto espresso, la libertà e l'indi­pendenza del governo papale (p. 185). È una nuova minaccia per l'integrità dell'Austria? Sembrano agire in questo senso quella specie di risveglio del sentimento patriottico del clero cattolico, che si è verificato durante la guerra Ubica, e l'entrata dei credenti nella vita politica interna dell'Italia consentita dal patto Gentiloni (p. 139). Di interesse tutto particolare, specie per il lettore italiano, risultano più che le pagine sul modernismo, che in Austria passò quasi inavvertito o accusato solo dall'apatia dell'osservatore indifferente. Lena quella sulla posizione di Pio X e della curia di fronte all'Austria e alla sua responsa­bilità nello scoppio del Guerrone . Bisogna riconoscere che il nostro Autore (cap. VI, pp. 142152) riesce a rovesciare la tradizione più popolare che rigorosamente storica, ra­dicata in Italia, di un Papa che lancia la maledizione sul sangue degù* Asburgo, che grida alla povera Serbia ecc. ecc. La colpa della guerra è tutta della Russia, si dice in Vaticano; l'Austria conduce una guerra giusta, la Serbia avrebbe dovuto essere fiaccata ancora prima. Del resto l'arciduca Francesco Ferdinando, vittima di Sarajevo, aveva più volte manifesta­to il proposito (p. 154), come si è dimostrato in questi ultimi tempi dagli storici più obiettivi, di fondare il suo futuro Stato, ivi compresa la propria famiglia, su base severamente reli­giosa, mediante una completa rigenerazione di tutte le istituzioni civili, amministrative, politiche e confessionali del paese (p. 156), La simpatìa del Pontefice per questo principe era giunta fino al punto da condiscendere all'uso di una via tutta speciale per intratte­nere con lui comunicazioni dirette evitando di urtare suscettibilità protocollari con Vit­torio Emanuele DI ancora sempre alleato di Vienna in forza della Triplice (p. 161). Stando così le cose è comprensibile il ritorno, di quando in quando, nel BaUhausplatz, della preoc­cupazione che, alla morte di Pio X, si ripresentasse la candidatura Rampolla. Non si sarebbe potato parlare più di Veto dopo le sanzioni minacciate dal Papa regnante, men­tre un pontificato politico diretto da quel cardinale, se si tien conto dei comprensibili risentimenti e della rottura con. Parigi, sarebbe Btato accompagnato da conseguenze im­prevedibili. Ma Rampolla moriva prima che finisse l'anno 1913, mentre il nuovo conclave si apriva soltanto quasi dieci mesi più tardi (p. 172).