Rassegna storica del Risorgimento

ROMA ; CAPELLO LUIGI ; MUSEI
anno <1963>   pagina <580>
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580 Libri e periodici
I 58 cardinali superstiti si riunivano per eleggere il successore di Pio X sotto il peso delle prime gravi vicende della guerra; i Tedeschi sulla Marna, il Belgio occupato e in Italia i sintomi e le pressioni per il cambio della rotta da seguire nella politica estera. SÌ comprende, perciò, l'interesse e le ansie con le quali il governo austriaco, che aveva consegnato il proprio segreto allo Skrbensky, arcivescovo di Praga, attendeva la suprema decisione (p. 180). La scelta non gli dispiacque. Schònburg riferiva soddisfatto sia su Bene­detto XV, sia sui due segretari di Stato Ferrata e Gasparri, i quali si seguivano alla distanza di un mese appena in una carica, che allora comportava una responsabilità tutta particolare (p. 188). E ben vero che, a giudizio dell'ambasciatore, il nuovo Papa, come quello appena scomparso, riteneva giusta la causa dell'Austria nel conflitto; ma quale in­fluenza avrebbero potuto esercitare le sue simpatie sulle decisioni del governo di Soma? Quale la stampa cattolica italiana, che, con VOsservatore romano in testa, andava esal­tando gli enormi vantaggi della neutralità (p. 207)? Soltanto 1*11 gennaio 1915, allorché Roma pose il prezzo di tale neutralità su rinunce territoriali da parte di Vienna, monsignor Pacelli e lo stesso Gasparri dichiararono che la situazione era molto seria . Quattro giorni dopo Francesco Giuseppe offre, tramite il nunzio Scapinelli, il Trentino; ma il Papa ebbe, come è noto, risposta negativa dal Quirinale. L'Autore continua poi ad esaminare, sulla scorta di documentazione inedita, le ulteriori trattative, di cui fu investito il Vaticano, i colloqui del Pontefice con senatori, deputati, con la regina Margherita, le circostanze in cui, il 4 maggio, fu denunciata, a Roma, la Triplice, gli interventi in extremis del barone Macchio e del Biilow, le risposte di Giolitti, e riporta, infine, avvenuta la dichiarazione di guerra, l'opinione degli ambienti autorevoli della curia, secondo cui l'Austria avrebbe avuto Punico torto di aver offerto con troppi tentennamenti e solo all'ultimo momento (p. 247). Eppure Benedetto XV aveva, poco tempo prima, giudicato esagerate le richieste italiane affermando che il governo di Roma era troppo goloso .
Con l'entrata in guerra dell'Italia e la conseguente partenza degli ambasciatori d'Austria, Prussia e Baviera (Schònburg si stabilì a Lugano, troppo lontano per poter agire efficacemente sul Vaticano) il Nostro avverte l'aggravarsi, anche nella mentalità del Pon­tefice, della Questione romana . Una soluzione a due, fra Quirinale e Vaticano, non sembrava possibile, né era desiderata da Vienna e da Monaco e così la conciliazione rimase un pio desiderio del Papa fino alla sua morte nel 1922. Egli aveva tentato, tramite il nunzio Pacelli a Monaco, di tener stretti i legami con le potenze centrali, che godevano di una. particolare simpatia nel suo animo, specie l'Austria, per il loro carattere conser­vatore contro la massoneria e gli eccessi delle sinistre più o meno riaccesi durante il conflitto. La stampa francese non aveva esitato a chiamarlo Le pape boche appunto per questo. Ma in realtà l'azione dei Vaticano in favore della pace, azione spesso paralizzata anche dalle vicende della guerra (invasione del Belgio, bombardamenti di città, ecc.) do­vette restringersi entro limiti molto modesti e rimanere inefficace. La stessa nota di Bene­detto XV del 1 agosto 1917 restò senza conseguenze positive. E l'A. non manca, con quel­la obiettività che distingue tutta la sua opera di storico, di individuarne le cause principali nella questione belga e nel risultato dell'offensiva di ottobre-novembre contro l'Italia. Nep­pure la lettera privata dell'imperatore Carlo al Pontefice, scritta al principio d'ottobre, fu inviata a destinazione, perchè, dopo Caporetto, essa non parve più attuale a Vienna (p. 325).
H volume, che rappresenta un contributo di notevolissima importanza per noi Ita­liani alla conoscenza dei fatti intercorsi non solo fra il Vaticano e il Ballhaus durante i primi due decenni di questo secolo, così densi di avvenimenti e di conseguenze, ma anche fra l'Italia e l'Austria per riflesso e direttamente, si chiude salvo l'appendice cui abbiamo già fatto cenno, con l'esame acuto e sereno degli ulteriori interventi di Benedetto XV nell'ultimo anno di guerra, per il ristabilimento della pace: interventi difficili, inutili ed ingrati, ohe valsero spesso ad inacerbire l'odio popolare, in Italia e fuori, contro il clero accusato di rinnovate simpatie asburgiche. Intanto si giungeva alla fine. L'Austria nuova inseriva nella sua costituzione repubblicana l'impegno di regolare i propri rapporti con Roma, da cui si chiedeva intanto l'ufficiale riconoscimento, che fu concesso il 12 novem­bre 1919. ANGELO FILIPUZZI