Rassegna storica del Risorgimento

DEMOCRATICI REGNO DELLE DUE SICILIE 1830-1860; REGNO DELLE DUE
anno <1964>   pagina <28>
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S. Massimo Ganci
nare organicamente le masse popolari ai ceti dirigenti per creare una milizia
nazionale capace di eliminare le compagnie di ventura . Avanzava un
tentativo di confronto tra l'azione concreta dei giacobini francesi, borghesi ed operanti sul terreno della borghesia (ma che in realtà si imposero alla borghesia francese, conducendola in una posizione molto più avanzata di quella che le premesse storiche dovevano consentire) e l'astrattezza dei democratici italiani, incapaci di mettere in piedi una politica veramente popolare, neppure nel 1849, cioè nella fase più radicale del Risorgimento. Erano trincee di scavo aperte in un terreno ancora quasi inesplorato quando Gramsci scriveva, erano nuove prospettive di indagine, capaci di orientare un sistematico programma di studio, sulla classe politica italiana nel corso dei Risorgimento con particolare riferimento alla componente democratica, sull'apporto da questa dato alla solu­zione storica del problema italiano e sulle carenze da essa mostrate nel corso della lotta politica.
Da oneste prospettive Gramsci tentava un primo bilancio della questione suesposta e pronunciava un giudizio di condanna non solo nei confronti dei moderati e del Cavour che avevano attuato l'unità italiana in chiave di <c con­quista regia , cioè in chiave antipopolare e antinazionale (... essa [la politica di Cavour] fu una lotta vittoriosa contro le forze popolari... ciò che contribuì a costituire uno Stato angusto, settario, senza possibilità di azione internazionale perchè sempre minacciato dall'insorgere di forze sovvertitrici elementari, che appunto Cavour non volle nazionalizzare,1)) ma anche nei confronti del Partito d'Azione e, in genere, dei democratici, compresi i leader più qualificati, non escluso il Mazzini (.... l'affermazione attribuita a Vittorio Emanuele H di " avere in tasca,, il Partito d'Azione o qualcosa di simile è politicamente esatta e non solo per i contatti personali del Re con Garibaldi, ma perchè di fatto il Partito d'Azione fu diretto " indirettamente da Cavour e dal Re8)). Da questo bilancio negativo il Gramsci dedusse la nota tesi sui limiti del Risorgimento, derivanti dal mancato inserimento del ceto contadino nella lotta nazionale, la responsabilità del quale egli faceva risalire alle diffidenze antisocialiste del Partito d'Azione, che avevano determinato l'assenza della rivoluzione democra­ticoborghese nelle campagne, attuatasi invece in Francia attraverso i giacobini, e la conseguente caratterizzazione feudale e reazionaria dello Stato italiano.
Era una conclusione suscettibile di rilievi e di obiezioni e che, indubbiamente, risentiva l'influsso di un noto lavoro politico del Gramsci, Alcune note sulla que­stione meridionale, scritto nel 1927 e pubblicato solo nel 1930 a Parigi, su Stalo Ope­rato.8) Questo saggio, rimasto incompiuto, ribadiva la necessità dell'alleanza tra gli operai settentrionali e i contadini meridionali, avanzata quasi trent'anni prima da Salvemini4) e ripresa nel 1920 dal gruppo dell'Ordine Nuovo,5) ravvisando
') Cfr. ANTONIO GRAMSCI, Il Risorgimento, oh., p, 151.
2) Ivi, p. 70.
8) In Italia apparve per la prima volta nel 1945 con il titolo La questiono meridionale, v. Rinascita, a. II, n. 2, febbraio 1945.
4) V. gli articoli pubblicati in Educazione Politica, dal dicembre 1898 al marzo 1899, ora riuniti sotto il titolo La Questione Meridionale, in GAETANO SALVEMINI, Scritti sulla questiono meridionale, Torino, 1955, pp. 32 sgg,
*)i ìf. Operai e contadini, in La cultura italiana del 900 attraverso le riviste, voi. VI, L'Ordine Nuovo, a cara di PAOLO SWUANO, Torino, 1963, pp. 200 sgg.