Rassegna storica del Risorgimento
DEMOCRATICI REGNO DELLE DUE SICILIE 1830-1860; REGNO DELLE DUE
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1964
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I democratici e Viniziativa meridionale
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in essa la soluzione dei problemi insoluti del Risorgimento; nell'ambito di questa alleanza, il Gramsci era convinto che il proletariato settentrionale, organizzato dal Panato Comunista, avrebbe compiuto quella stessa funzione di rottura espletata in Francia dai giacobini, della quale erano stati incapaci i nostri democratici risorgimentali.
Naturalmente la linea Gramsci per la soluzione del problema meridionale (considerato il presupposto dcll'inveramento della democrazia in Italia) si spingeva al di là di questo nucleo centrale ed elementare della questione; in realtà Gramsci, in relazione alla situazione politica in cui scriveva, superava da una parte le formulazioni fin de siede di Salvemini, respingendone altresì le conclusioni federalistiche ed apriva dall'altra verso più ampi gruppi intellettuali del settentrione e del mezzogiorno. Egli spezzava, cioè la rigida linea di demarcazione marxista che aveva limitato sino a quel momento la cultura socialista ed iniziava un dialogo con quegli intellettuali che, come Gobetti e Dorso, avevano rotto con la cultura tradizionale antisocialista, coagulatasi, nel primo ventennio del 900, intorno a Fortunato e Croce e successivamente orientatasi verso il fascismo.
Ma l'ideaforza del programma rivoluzionario di Gramsci stava nella ripresa del discorso incompiuto dei Risorgimento, del discorso troncato, nel 1860, da una soluzione scaturita dalla destrezza di una parte politica e dall'incapacità di un'altra, più. che dal flusso della realtà storica. In questo senso Gramsci si collegava alla storiografìa revisionistica del Risorgimento, da Salvemini a Gobetti, a Dorso: le sue note del Carcere di Turi intendevano proporne una più salda giustificazione storica. Una attenta lettura degli scritti gramsciani di questa fase ci rileva, infatti, lo sforzo tenace di tratteggiare in termini scientifici la lotta risorgimentale, sforzo che si concretizza nell'apertura di prospettive nuove alla valutazione del movimento democratico italiano. Prescindendo, quindi, dal giudizio globale di Gramsci sul Risorgimento che risente dell'impulso della storiografia revisionistica e delle esigenze politiche dell'Ordine Nuovo, e restringendo la nostra indagine sull'azione dei democratici del Risorgimento, quale si evince dagli Scritti dal Carcere, non possiamo non rilevare la validità di essa, specie se consideriamo quanto feconda di discussioni si sia oggi rivelata.
E accaduto, però, che negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione del saggio di Gramsci sulla Questione meridionale, l'interesse della storiografia di sinistra si polarizzasse Bulla valutazione complessiva del Risorgimento data da Gramsci, piuttosto che sugli spunti più originali di indagine da questo proposti. Si venne in tal modo alla sintetizzazione del pensiero gramsciano in una tesi che aveva il duplice difetto dell'apriorismo e della generalizzazione: quella del Risorgimento come rivoluzione agraria mancata, alla quale dette indirettamente un notevole contributo il volume di Emilio Sereni (Il capitalismo nelle campagne, 18601900, Torino, 1947) che, uscito ancor prima della pubblicazione degli Scritti dal Carcere, elaborava la nota analisi della società italiana nel primo quarantennio unitario, muovendo dalla constatazione del fallimento della rivoluzione borghese in Italia causato dalla persistente struttura feudale della campagna.
La tesi del Risorgimento come rivoluzione agraria mancata divenne, inoltre, il presupposto della politica nazionalepopolare perseguita allora dal partito comunista e da tutto 0 movimento operaio italiano schierati in quegli anni