Rassegna storica del Risorgimento
DEMOCRATICI REGNO DELLE DUE SICILIE 1830-1860; REGNO DELLE DUE
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S. Massimo Ganci
del Buonarroti, non aveva accolto la componente contadina della fame di terra. E il problema rimaneva sfumato anche in Mazzini che pur si rendeva conto della necessità imprescindibile dell'ambiente rivoluzionario.
È proprio sul problema del reale aggancio degli strati popolari, e particolarmente di quelli contadini che si muove l'ala estrema della democrazia che, sul problema della terra, assume una configurazione socialistapopulista. Si va da Giuseppe Budini che nel 1843 pone l'esigenza di attirare i salariati delle campagne provvedendo ai loro concreti bisogni economici a Carlo Pisacaue che più. limpidamente e piti modernamente tra tutti i democratici vede la connessione tra i termini militari e quelli politico-sociali della rivoluzione. Non soltanto bande partigiane, ma, soprattutto, milizia nazionale, uscita dalle viscere della nazione, da contrapporsi alla vecchia milizia stanziale; Nazione Armata, la cui realizzazione sarebbe stata possibile solo attraverso la rivoluzione sociale, presupposto della quale, in Italia, era la partecipazione del mondo contadino. Questa la linea rivoluzionaria di Pisacane.
Era, dunque, un precursore del socialismo il Pisacane? Vera un rapporto tra la critica di Pisacane al Mazzini e la critica che allo stesso avrebbe più tardi mosso Michele Bakunin? E più genericamente v'era un rapporto Pisacane Bakunin? E si poteva, quindi, parlare di una modernità di Pisacane? Problemi tutti che l'analisi di Della Peruta poneva. Per risolvere i quali il problema dei democratici doveva essere visto da una prospettiva diversa: quella meridionale.
Sin qui Della Peruta, il cui apporto alla più adeguata conoscenza delle funzioni dei democratici al problema italiano consiste, innanzi tutto, nella identificazione, filologicamente ineccepibile, delle ramificazioni dell'opposizione italiana, il cui quadro emerge così più completo e, soprattutto, più composito di quello tradizionale, molto più unitario, almeno dal punto di vista strutturale ed organico. Si è messo, cosi, in evidenza, che dopo il '48, l'autocritica alle proprie impostazioni politiche non si ebbe solo in campo moderato, come pensava Gramsci*' ma anche in campo democratico. Da essa venne fuori un partito democratico fortemente diviso, non solo nelle due correnti-chiave federalista ed unitaria, ma anche in altri gruppi la cui linea di demarcazione passava allo interno sia della corrente federalista, sia di quella unitaria. II suo tracciato era, però, assai netto e si articolava sulle questioni di fondo delle mete dell'azione rivoluzionaria e delle forze con cui esse dovevano essere conseguite. Cominciava a profilarsi, quindi, una tendenza della democrazia italiana ohe, nella sua asciutta intransigenza, magari settaria, aveva il pregio di costituire una più precisa antitesi alla soluzione moderata.
1) Ecco l'intero giudizio di Gramsci: Dopo il 1848 una critica dei metodi precedenti al fallimento fu fatto solo dai moderali e, infatti, tutto il movimento moderato si rinnovò, il neo-guelfismo fu liquidato, uomini nuovi occuparono i primi posti in direzione. Nessuna autocritica, invece, da parte del Mazzini, oppure autocritica liquidntrice, nel senso che molti realmente abbandonarono Mazzini e formarono l'ala sinistra del partito piemontese; unico tentativo * ortodosso , cioè dall'interno furono i siiggi del Pisacane, che però non divennero mai piattaforma di una nuova politica organica e ciò nonostante che Mazzini stesso riconoscesse che il Pisacane aveva una " concezione strategica della rivoluzione nazionale italiana in ANTONIO GRAMSCI, Note sul Machiavelli, sulla politica o tulio Stalo moderno, Torino, 1949, p. 72.