Rassegna storica del Risorgimento
DEMOCRATICI REGNO DELLE DUE SICILIE 1830-1860; REGNO DELLE DUE
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1964
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I democratici e l'iniziativa meridionale
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agrarie siciliane si svegliavano dal loro torpore e si schieravano nelle grandi formazioni politiche operaie. Si era, cioè, in una situazione di crisi liberale che induceva il Romeo, più saldamente legato a Croce, a differenziarsi dall'esperienza di Chabod ed a porre l'accento sulle istanze economiche (considerate nelle forme e nei modi capitalistici) e su quelle ideologiche, piuttosto che su crucile sociali; pur rimanendo nella stessa linea di studio e di ricerca, il Romeo si poneva, quindi, alla destra di Chabod. Da qui il tentativo da lui compiuto della strumentalizzazione della metodologia gramsciana, ai fini di una concezione che totalmente si distaccava da quella marxista. Conseguenza di tutto ciò, come è stato osservato da Antonello Scibilia,1) era la sostanziale accettazione della impostazione storica di Francesco De Stefano: pur allargata notevolmente sul piano economico e più penetrante in profondità, anche la storia della Sicilia raccontata da Romeo è la storia delle classi dirigenti siciliane. Le avanguardie ideologiche e culturali che non siano quelle romantico-liberali, le fermentazioni utopistiche e l'intero mondo contadino sono ai margini dell'indagine di Romeo. Ceti subalterni, indubbiamente, ci chiediamo, di passata, ma non sarebbe stato il caso di dare maggiore risalto al fatto che erano pur essi l'unica piattaforma concreta dell'alternativa alla soluzione borghese e centralizzata, che nel 1860 avrebbe vinto la partita? Da questa prospettiva va differenziata, a nostro modo di vedere la posizione di Romeo nei confronti della storiografia di sinistra; mentre
sa quella dell'ultimo Ottocento, fomentata dalla propaganda socialista; proprio allora egli scrive il verbo di Carlo Marx penetrava in Sicilia e reclutava proseliti innumeri in mezzo ad un proletariato rurale e cittadino, carico di figli, di miseria e di spirituale ingenuità. Certo il miraggio di una Sicilia separata dalla restante Italia, autosufficiente, florida, siccome si presumeva fosse stata nei tempi della sua autonomia politica, dovette allora allettare tante anime, quanto il sogno ad esso congiunto, d'una socializzazione delle terre e di altre fonti di ricchezza nell'isola .
H. Pontieri riconosceva, però, al separatismo siciliano fin de siede, la funzione di sprone del governo, che qualcosa, in effetti, fece riducendo lo spirito polemico degli isolani, n che potò constatarsi attraverso l'eroico comportamento dei siciliani sol Carso. Nei confronta della collusione tra separatismo e latifondismo nel secondo dopoguerra, il Pontieri prendeva posizione. Se dovesse giudicarsi dal fatto che tra gli alfieri dell'odierno separatismo figurano esponenti numerosi della classe dei latifondisti, la cosa, per quanto storicamente intonata alla tradizione politica del vecchio baronaggio, che della secolare autonomia della Sicilia era stato il fondamento, indurrebbe a supporre che quella classe intenda preservare sotto lo scudo del separatismo, intatte nel futuro ordinamento democratico dello Stato italiano, le sue posizioni economiche e la congiunta preminenza sociale nell'isola; e invero tutto ciò saprebbe d'ano stantio egoismo reazionario di dubbia lega.
Nei confronti dell'autonomia amministrativa il Pontieri formulava un giudizio sostanzialmente positivo: ... molto potrebbe valere, perchè dalle sfere dirigenti non si ricada nel perniciosa sistema del favoritismo particolaristico, un giusto decentramento amministrativo. Un'autonomia amministrativa a base regionale, in un paese politicamente educato, e Li periodi di laboriosa ricostruzione morale ed economica, non può, no, incrinare l'unito e l'autorità dello Stato . La Premessa si chiudeva con la constatazione che la Sicilia ha soprattutto bisogno di giustizia sociale e con l'esortazione ad una sana politica democratica... garanzia... della rinascita, immancabile della generosa Isola del Mediterraneo .
i) V. AHTOKULUÌ SCIBILIA, OD. eh.