Rassegna storica del Risorgimento

AZEGLIO TAPPARELLI D' (FAMIGLIA); BIBLIOTECA CIVICA DI SAVIGLIA
anno <1964>   pagina <104>
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104 Litote periodici
insieme a quelle già acquisite, gioverebbe sia a una revisione della storia del Ticino nella prima metà del secolo XIX, sia a una migliore valutazione del Dalbcrti, che se proprio non fu uu Tallcyratnl ticinese (dai punto di vista politico, poiché la coscienza morale la ebbe assai più salda dell'ex vescovo di Autun), come qualcuno si compiacque di definire, di questa storia fu certamente uno dei maggiori protagonisti. VITTO aio E. GIUNTELLA
GIUSEPPE STEFANI, / prigionieri dello Spielberg sulla via dell'esilio; Udine, Del Bianco editore, 1963, in 16, pp. 211. L. 1.200.
I processi milanesi del "21, le figure di alcuni dei congiurati come il Coidalonieri e il Pellico, la dura prigionia scontata nello Spielberg hanno dato origine ad un'ampia serie di pubblicazioni, in cui sono stati opportunamente rievocati i primi martiri dell'indi­pendenza italiana. Eppure molti particolari del movimento settario, parecchie delle per­sonalità meno in vista, e dettagli sul funzionamento della macchina poliziesca e burocra­tica austriaca sono rimasti ignorati o mal noti, cosicché vediamo volentieri la comparsa dell'odierno contributo dello Stefani, che rievoca le circostanze in cui, salendo al trono, Ferdinando I concesse la grazia ad una dozzina di condannati politici, purché emigras­sero in America e s'impegnassero a restarvi.
Molti dei documenti relativi alla grazia, di cui fruirono nella primavera del 1835 alcuni dei federati lombardi (Confalonicri, Pallavicino, Borsicri e Castillia), il carbonaro Foresti, i milanesi Albinola e Argenti, i più giovani mazziniani Bargnani, Tinelli e Ben-zoni, sono conservati nell'Archivio di Stato di Trieste, dove dopo una succinta segna­lazione di Ettore Chersi lo Stefani li ha esaminati con cura e intelligentemente utilizzati. A Trieste i condannati graziati dovevano imbarcarsi per l'America, dopo un soggiorno sufficiente a rimetterli in forze per affrontare il lungo viaggio, che allora durava circa tre mesi. In realtà essi non si fermarono a Trieste, che non disponeva di prigioni adatte e che sembrava politicamente poco idonea ad accogliere persone la cui presenza poteva dare occasione a manifestazioni di simpatia, ma vennero ospitati nel castello di Gradisca, dove la famiglia defl'amministratore Tomaso Fabri, in particolare la moglie sua Anto­nietta, seppe rendere il loro soggiorno affettuosamente gradevole.
Per questi ergastolani, provenienti dalle carceri di Milano e dello Spielberg i giorni delle congiure sembrano definitivamente tramontati e i nobili fervori aver lasciato il posto al pessimismo, alle malattie, agli interessi familiari, olle preoccupazioni per il futuro. Anche la grazia è stata subita più che accettata, connessa com'è al forzato esilio in Ame­rica. Il carteggio relativo ai due gruppi di esiliati di passaggio per Gradisca è perciò fitto di lamentele, di suppliche e di proteste: di fronte a questi uomini, già duramente provati, appare più crudele la severa sorveglianza cui sono ancora sottoposti.
Lo Stefani utilizza ampiamente i documenti disponibili e la bibliografia relativa per allargare spesso il quadro oltre i limiti indicati, cosicché egli può darci il profilo di pa­trioti finora ignorati, quali il mantovano Luigi Manfredi ni, sottoporre a revisione tante affermazioni esagerate contenute nel noto libro di memorie del Pallavicino intitolato SpUbergo e Gradisca, seguire nell'esilio americano e nella successiva attività politica alcuni dei * delinquenti di Stato , in particolare il Gonfalonieri del quale sono riportati i poco lusinghieri giudizi sui giovani Stati Uniti e il Foresti che ripreso presto l'opera patriottica sotto la guida del Mazzini.
L'ultimo atto d'un dramma doloroso è cosi rievocato in uno luce ideale, che non nasconde la debolezze dei cospiratori e le ombro della loro vicenda umana. È il dramma della generazione del vecchi patrioti, appartenenti a un'epoca romantica e a una so­cietà ristretta e borghese, i quali rinunciano ormai olla lotta per lasciare il passo a nuove ideologie, a nuove forze, a nuove realtà politiche. Capitolo forse per tanti aspetti secon­dario o marginale nella storia dell'unificazione o dell'indipendenza italiana, non certo estraneo o disprezzabile, esso ha trovato oggi nello studioso triestino il compiuto ed efficace aiustratore. SERGIO CELIA