Rassegna storica del Risorgimento

AZEGLIO TAPPARELLI D' (FAMIGLIA); BIBLIOTECA CIVICA DI SAVIGLIA
anno <1964>   pagina <108>
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Libri e periodici
tese di non opporsi all'avventura dei Mille e di conservare così intatta la sua popolarità, dato che gli atteggiamenti della Società erano generalmente interpretati come rispondenti alle intenzioni di Cavour. In (mesto modo, fu preservato il legame fra rivoluzione nazionale e movimento moderato d'impronta subalpina: i moderati ebbero il modo di appoggiare Garibaldi senza per questo rinunciare alla loro opposizione al partito d'azione, e ciò in quanto l'opera della Società Nazionale, per lo meno fino all'agosto 1860, era riuscita a oscurare le divergenze di fondo esistenti fra cavonriani e garibaldini. Quando tale diver­genza scoppiò in maniera palese, Cavour era ormai nuovamente in grado di impostare la lotta sul terreno per lui più favorevole.
Mano a mano che il processo di unificazione procedeva vittoriosamente, la Società Nazionale si andava sempre più trasformando da vasto movimento di opinione pubblica diretto a creare le condizioni psicologiche, più ancora che materiali, per la realizzazione dell'indipendenza e dell'unità italiana sotto la monarchia costituzionale piemontese, in organizzazione di partito mirante ad assicurare ai propri aderenti il potere nel nuovo Stato. In effetti, uno dei meriti maggiore dello studio di Grew consiste proprio nell'aver saputo cogliere e sottolineare l'importanza di questa evoluzione della Società Nazionale, spesso a torto trascurata, e di avere analizzato con hi dovuta attenzione il ruolo da essa svolto nelle elezioni del 1860 e 1861 e in genere nella lotta politica dei primi tempi dello Stato unitario, sia prima, sia dopo la morte di Cavour. Fu appunto attraverso la Società Nazio­nale che in larga misura si formò, in quei primi anni a cavallo dell'unificazione, hi classe dirigente moderata e che in tutte le regioni italiane migliaia di appartenenti alla media borghesia, non abbastanza ricchi o influenti per assumere il ruolo di protagonisti nella vita pubblica, trovarono egualmente il modo di partecipare di persona olla politica nazio­nale e di identificarsi così con il nuovo Stato. La storia della Società Nazionale viene cosi ad essere, sotto molti e rilevanti aspetti, la storia del processo formativo della prima classe di governo dell'Italia unita; ma questo, naturalmente, comincia ad essere un altro e ben più ampio e complesso discorso. Basterà qui concludere che il Grew ha stabilito alcune solide ed equilibrate premesse per una valida impostazione di tale discorso.
ALBERTO AQUABONE
GIOVANNI SPADOLINI, I Radicali dell'Ottocento (Da Garibaldi a Cavallotti); 2a ed., Firenze, Le Monnier, 1963, in 16, pp. 182. L. 1.200.
Lo Spadolini ha nettamente distinto la storia dei radicali dell'Ottocento in due periodi: quello che riceve impulso ed esempio da Garibaldi e che, con alterna fortuna, dura fino al Patto di Roma del 13 maggio 1890; e quello che dal 1890 giunge alla fine del secolo. Con la fine del secolo ha termine la narrazione dello Spadolini poiché, secondo bri, ha termine per i radicali il loro mondo di passioni concitate, e subentra l'età della prosa, la grande età giolittiana (p. 102).
Del resto, hi sorte del radicalismo italiano, esauritasi la sua funzione vivace nella democrazia risorgimentale, era stata già, prima dello Spadolini, perspicuamente indicata dal Morandi là dove, commentando il discorso pronunziato nel 1901 a Cremona dal Sac­chi, secondo il quale la ricca gamma delle forze politiche italiane si sarebbe ridotta ben presto a tre sole correnti valide (conservatori, radicali, socialisti), aveva affermato che dire questo equivaleva a porre il radicalismo come partito di governo con una funzione mediatrice di primo ordine . Che questo si sia poi realizzato, o non si sia realizzato nelle dimensioni auspicate dai Sacchi, non è più affor nostro perche, d'accordo col Morandi e con lo Spadolini, si può anche da parte nostra ritenere che, dopo la vivace resistenza opposta negli anni di fine secolo alla pesante reazione del Pelloux, il radicalismo italiano ubbia rinunziato al programma d'ardita democrazia senza compromessi coi conservatori che aveva costituito la bandiera degli aderenti al Patto di Roma.