Rassegna storica del Risorgimento

BUFFA DOMENICO CARTE
anno <1964>   pagina <563>
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Le carte di Domenico Buffa 563
L'essere costretto a dover sequestrare la tipograna dell'Italia del Popolo, e ad arrestarne il proprietario, Fu una delle prime dure prove che al Buffa toccò superare. Aveva esitato ed era disposto a dimettersi. Il ministro dell'Interno gli scriveva in proposito il 10 marzo 1853:
Mi permetto di esprimerle il vero mio dispiacere per la natura personale che Ella sembra attribuire alla disposizione data ieri dal Consiglio riguardo all'arresto del Lemmi. Posso assicurarla che in questa circostanza il Consìglio è ansò, sempre stato in ottima disposizione, ed ogni giorno maggiormente si applaudiva della sua amministrazione in Genova. Il Consiglio non credette che una misura da esso rav­visata indispensabile per prendere in faccia all'estero una forte posizione, potesse incontrare un ostacolo nella diversa disposizione da Lei data, in quanto che ogni giorno accade che l'autorità centrale aggravi e mitighi le misure di alto governo, per le quali esso ha, naturalmente, dati che i rappresentanti non possono avere sempre... Non quindi tanto come ministro, ma come di Lei sincero e leale amico che io La prego di non dar seguito alla sua idea. Cavour ed i miei colleghi sono tutti unanimi in questo desiderio. Come uomo politico, poi io la prego di considerare che se uno dei principali nostri amici si distaccasse in questi difficili frangenti* sarebbe una vera vittoria per chi contrasta la conservazione di quella libertà che difendiamo in mezzo a tanti stenti. Ella non ha bisogno che io Le dica come Lei in particolare darebbe una vittoria maggiore di quella che potesse la separazione di qualunque altro dei nostri amici*.,
A tergo di questa lettera Cavour aggiungeva le parole seguenti:
Unisco la mia alta voce di San Martino per pregarla di recedere da una risoluzione die potrebbe aver le più funeste conseguenze per il nostro partito. Le assicuro, ed ella può credere alla mia fianca parola, che se il Consiglio determinò l'arresto del Lemmi fu spinto a ciò da gravissimi motivi. Se avessimo solo a badare aUHntrinseco delle cose, all'effetto immediato delle misure da prendersi, non difficile sarebbe il nostro assunto, quando massime il Governo è rappresentato da persone come lei. Ma pur troppo dobbiamo pensare aW effetto prodotto dai nostri atti all'in-terno ed aWestero; giacché i pericoli non vengono dalle piazze. Ella lo sa quanto me. Pensi al paese, e sacrifichi quello ch'io non sono lontano dal riconoscere giusta suscettibilità; e così facendo, ella acquisterà un nuovo titolo alla nostra riconoscenza e dirò anche alle nostre amicizie.
Mi creda con sinceri sensi ecc. C. Cavour.
Alcune lettere del Capponi, del Vicusseux, del Sauli, dell'Aquarone atte­stano l'interessamento che verso la fine del 1853 ebbe il Buffa per Ù Tommaseo, che da Corra aveva chiesto asilo al Piemonte (e una lettera commovente del dalmata, sul tono di quella scritta a Cavour, ci fa comprendere con quanta misura umana l'intendente di Genova si fosse fatta premura per sollecitare, presso il governo, una decisione positiva, affinchè, come scriveva il Capponi, quell'esule potesse dimorare dov'è oggimai più l'Italia viva ). Anche il Guer­razzi dalla Corsica gli scriveva: Bersaglio della fortuna, io desidero, anzi ho bisogno* di riposarmi in terra italiana e Garibaldi gli dichiarava che troppo si abusava del suo nome, che ci si serviva della sua popolarità per compiere azioni ch'egli non poteva approvare.
Le lettere di Rattazzi, anche quando ebbe il portafoglio dell'Interno, e divenne il diretto superiore del Buffa, mantengono sempre il tono dell'amicizia e spesso prendono un andamento polemico: i due fautori del centro-sinistro