Rassegna storica del Risorgimento
BUFFA DOMENICO CARTE
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1964
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564
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564 Emilio Costa
conservarono sempre, con l'amicizia costante, un implicito dissidio. Bulla, che aveva molta ammirazione per Rattazzi, e spesso ne condivideva la condotta politica, ebbe tuttavia dei punti fermi (che talvolta risentono della presenza limitativa di un dogmatismo politico) che lo spingevano a polemizzare con l'amico: si notano, nel loro carteggio di quegli anni, momenti di tensione, di irrigidimento, di contrasto. Buffa non approvava sempre la dinamica rattazziana nell'ambito legislativo! certi progetti di legge gli sembravano un po' spregiudicati, e talvolta gli rimproverava di non tener conto dell'esperienza degli amici, relativa a determinate questioni. Di qui si giustifica certa polemica epistolare, in cui, tra le rampogne d'ambo le parti, si rileva tuttavia un vero attaccamento alla cosa pubblica. Buffa era più impulsivo, e spesso permaloso; Rattazzi rifletteva di più (era più anziano di dieci anni) aveva una formazione politica più solida, un'accortezza superiore e riusciva nelle sue controdeduzioni ad essere efficace. Rattazzi ebbe sempre in Buffa un prezioso collaboratore: quando sarà pubblicato il loro carteggio, queste asserzioni troveranno conferma.
Il progetto di legge concepito dal Rattazzi sulla soppressione di alcune corporazioni religiose giudicate inutili, perchè non rispondenti a utilità sociale, trovò il Buffa del tutto contrario. Non potendo in coscienza essere mallevadore di una legge che non condivideva, egli si dimise dalla sua alta carica. In una lettera del dicembre 1854, Rattazzi, dopo aver lungamente difeso il suo progetto e motivata la validità e spiegate le ragioni fondamentali, asseriva:
Io ti scrissi queste cose come Rattazzi, come tuo amico non solo politico, ma anche particolare, perchè ti assicuro che dal momento in cui ho incominciato a conoscerti ho sempre avuto per te una sicura e leale affezione, avendo ritrovato in. te i sentimenti della più grande lealtà, ed onestà. Scrivo all'amico Buffa perdio mi dorrebbe che facesse un passo falso, e die avendo la mente offuscata da un'idea giustissima in sé, ma malamente applicata, finir ebbeper comparire quello che non è, ed andrebbe direttamente a rovescio di quello cui mirano le sue intenzioni. Ma se non dovessi parlare in questo modo, bensì se dovessi parlare come ministro, ti direi che sarei dolente di perdere un intendente generale come sei tu, che sarei tanto più dolente in quantochè, certo, in queste circostanze la tua demissione potrebbe dar luogo a qualche attacco più violento dai giornali e dai canti religiosi, i quali non mancherebbero di trarne partito, trattandosi massime di uno che era considerato come nostro amico politico...
H15 dicembre 1854, gli comunicava: Dopo l'ultima tua così decisa ed assoluta sulla tua determinazione, non mi rimaneva più mezzo da esitare, come ministro: era forza accettare la tua demissione. Ieri quindi ne parlai al Re... Dopo avere risposto a qualche frase dell'ultima lettera del Buffa, conclude:
Io non entrerò certo più oltre a discutere il merito del progetto: tu hai la tua opinione che io sin dalla prima mia lettera dichiarai di rispettare. Io ho la mia e certamente non posso mutarla sì facilmente: non potevo quindi non rispondere almeno in succinto alle censure che tu mi hai fatte. Volendosi la libertà per tutti, pormi che si debba usare anche quella della difesa. Del resto non mi venne nemmeno per la mente che potesse essere tua intenzione di lasciare che il tuo nome si facesse strumento di opposizione al Ministero. Ti conosco abbastanza per essere sempre slato, corno lo sono tuttora, tranquillo su questo punto. Lo sarei sfato, quando pure potessi dubitare, che il Ministero avesse a rimproverarsi di essere in colpa per indurli alla deliberazione che hai presa, e nella quale hai voluto insistere. Ma debbo esserlo tanto più, allorché ho la coscienza che di nulla posso essere accagionato,..