Rassegna storica del Risorgimento

BUFFA DOMENICO CARTE
anno <1964>   pagina <573>
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Libri <* periodici 575
Abbiamo altrove avuto il modo di esporre la nostra opinione sulla funzione politica della borghesia isolana, allorché tentammo di dare una nostra interpretazione dell'espe­rimento costituzionale siciliano del '12 (Il fallimento dell'esperienza costituzionale del 1812 in Sicilia, in Annali del Mezzogiorno, voi. Ili, 1963, pag. 67-109), interpretazione che pur partendo da premesse metodologiche differenti, per tanti aspetti concorda con quella del Renda. Pertanto, in questa sede ci sia consentito limitarci ad alcune osservazioni e a taluni aspetti del libro del Renda che crediamo degni di rilievo.
Innanzi tutto, a proposito del mancato ruolo e rivoluzionario della borghesia sici­liana, rilevato dal Renda, vorremmo osservare come sia difficile parlare di un ruolo rivo­luzionario della borghesia nel primo decennio del secolo XIX, non soltanto in Sicilia, ma anche nelle altre regioni del continente italiano, indipendentemente dall'intervento diretto delle armi francesi, come a Napoli o in Lombardia. In Sicilia, rimasta ai margini dell'in­fluenza francese, la situazione era poi aggravata dalla permanenza di una struttura politica feudale che, per quanto cadente ed anacronistica, si elevava come un'insormontabile bar­riera, soffocando le aspirazioni del Terzo Stato ad inserirsi nell'apparato politico del Regno.
Per quanto si è detto, abbiamo ritenuto opportuno distinguere la storia di quella prima vicenda costituzionale siciliana in due differenti fasi; una fase iniziale di lotta per la Costituzione, condotta quasi esclusivamente dalla aristocrazia contro la corona e che portò all'elaborazione, almeno nelle sue linee fondamentali, della Costituzione del 1812; ma a cui fece seguito una seconda fase di lotte politiche, condotta nell'ambito del nuovo regime costituzionale e caratterizzate dalla presenza della borghesia, ormai divenuta, nel nuovo sistema, una forza politica di una certa rilevanza.
Come è noto, il conflitto tra hi monarchia e l'aristocrazia scoppiò a proposito del­l'imposizione di alcuni gravami fiscali da parte del re che aveva così scavalcato la compe­tenza del vecchio parlamento siciliano, secondo le antiche costituzioni. H Renda, giusta­mente, vede in questo atto di re Ferdinando l'azione della parte piò intransigente del partito di corte, che si avviava verso la radicalizzazione della lotta politica sui due fronti, in conseguenza della sconfitta dei moderati, e con essi del Medici, a torto ritenuto dal Blanch responsabile dell'illegale imposizione, ma sul cui atteggiamento fece a suo tempo giusta luce il Pontieri (Un retroscena del conflitto costituzionale del 1811 in Sicilia* in II riformismo borbonico nella Sicilia del Sette e deWOttocento, Napoli, 1961, p. 205). Dinnanzi alla protesta dei baroni, peraltro tntt'altro che massiccia, la corte volle replicare alla maniera forte decretando l'arresto dei cinque piò autorevoli esponenti del partito aristo­craticocostituzionale. Scarsa o nulla fu la reazione popolare a quest'atto di forza del re, ma l'arrivo di Lord W. Bcntinck in Sicilia (definito dal Renda come una sorta di coman­dante Lawrence avant lettre , p. 187) capovolse in breve tempo hi situazione; il re -fu costretto a richiamare i cinque baroni, a licenziare il ministero napoletano , a cedere i poteri al principe Francesco ed a consentire l'emanazione di una nuova costituzione, modellata su quella inglese.
Da quanto si 5 detto, appare evidente hi poca rispondenza di questa costituzione rispetto alla reale situazione politica e sociale della Sicilia. Essa fu voluta, ed imposta, da quella minoranza di aristocratici costituzionali che, nell'ambito delle vecchie strutture feudali, non era riuscita a costituire un fronte unitario di baroni per frenare, anche facendo ricorso alla piazza, l'invadenza del potere regio, ma che balzò al ruolo di protagonista della vita politica, grazie all'appoggio inglese. Non riteniamo, pertanto, che si possa par­lare, come fa il Renda (p. 212), della lunga sessione parlamentare del giugno-novembre 1812, come di una assemblea costituente , poiché non si trattò altro che del vecchio Parlamento feudale siciliano, diviso in tre Bracci , ma sotto la preponderanza numerica e politica dei baroni, adesso divenuti tutti costituzionali , che approvò, con trascurabili modifiche, le Basi preparate dal Balsamo in stretta collaborazione con i capi del par­tito costituzionale, il Castel nuovo ed il Belmontc, e con il Bcntinck. Assente da questo parlamento era, naturalmente, tutta la corrente democratica di provenienza borghese; ad esempio, Catania hi roccaforte della borghesia, era allora rappresentata dal Paterno Castello di Baddusa, mentre Tanno successivo riuscirà ad inviare alla Camera dei Comuni