Rassegna storica del Risorgimento
BUFFA DOMENICO CARTE
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1964
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Libri e periodici
a fantjmie dure a morire a sincera cordialità, di cui dà evidentissima prova il secondo progetto dell'armistizio concluso tra le due parti, fatto poi presentare dal maresciallo agli inviati piemontesi, in cui sono, rispetto al primo, alcune notevoli varianti, quale, ad esempio, la soppressione della clausola relativa al possesso della città di Casale, limi tato alla strada sino al Po vis-àvis di Casale. No il Hadetzky fece alcun cenno (e ciò mi par cosa del massimo interesse) al pagamento di una indennità, che era una delle condizioni principali richieste dall'Austria por la conclusione della pace, per rimborsare le spese da essa incontrate per far fronte ad una guerra subita . Anche la gravissima coadizione relativa all'approvazione della Camera piemontese, espressa all'articolo VI! del primo progetto, nel secondo è del tutto scomparsa. Purtroppo però la comunicazione fatta alla Camera delle condizioni dell'armistizio la sera del 27 suscitò una vera tempesta di imprecazioni, di grida, di invettive ad ogni passo della lettura del documento, cui seguirono (si vedano i resoconti parlamentari di quell'anno) discorsi violentissimi con accuse al governo di aver violato la Costituzione e di aver tradito il Paese. E alla fine della tumu I-tuosa sedutala Camera si dichiarò permanentemente convocata. Ma poiché era impossibile governare in una cosi scomposta confusione, Vittorio Emanuele (ben diverso dal padre, quasi sempre incerto di sé) non si perdette d'animo, e con un atto di energia veramente singolare, tenuto conto della sua giovine età e della sua iniziale esperienza dì sovrano, sciolse il 30 il parlamento. Le elezioni dettero una maggioranza più raccolta, sicché si potò, nel maggio, giungere alla formazione di un ministero piò consono ai nuovi bisogni nella persona di Massimo D'Azeglio, che seppe consolidare il regime costituzionale e avviarlo alle riforme richieste dai tempi nuovi, ma con quel senso della misura e con la consapevolezza dei limiti così saggiamente disegnati in un saggio esemplare da] Ghisalberti.
Buona parte del secondo volume ò dedicata alle laboriose trattative che condussero alla conclusione della pace del 6 agosto del '49. Si svolsero a Milano e vi presero parte quali plenipotenziari, per l'Austria, il Ministro Carlo Bruck del commercio e dei lavori pubblici, un prussiano Ebcrfeld, fondatore del Lloyd austriaco a Trieste, energico, volitivo, arrogante e odiatore dell'I talia e che il principe di Schwarzcnberg aveva per l'appunto scelto perchè era irritato per le condizioni stupidamente favorevoli , fatte a Vignale dal Hadetzky al giovine re di Sardegna; e per noi il Dabormida e il Boncom-pagni (alla nomina del Ricci si era opposto il governo di Vienna), sin troppo ingenui e bonari Il Bruck lasciò Vienna per raggiungere Milano la sera del 31 marzo dopo hi seduta del consiglio dei ministri; ma le istruzioni con tutti gli allegati gli furono consegnati dal segretario di legazione Brenuer solo il 7 aprile (istruzioni ebe precisavano il suo vero compito, cioè di dedicarsi esclusivamente alla risoluzione della questione della pace, e con ogni possibile sollecitudine, poiché altri più complessi problemi interni dell'Austria tenevano in angustie il governo; ma il Bruck, che voleva strafare, si credette autorizzato -di avocare a sé la trattazione di scottanti questioni italiane, quali l'organizzazione del LombardoVeneto, la restaurazione dei ducati nelle moni dei legittimi principi, la riconciliazione tra il Granduca e la Toscana, lo Stato della Chiesa da ricondursi sotto lo scettro dei fuggiasco Pio IX e, ancora, provvedimenti di minor conto, come commerci da riattivare, contrabbandi da sopprimere, tratti di ferrovie da costruire e così via, sicché Milano (sou parole del Filipuzzi) in poco tempo divenne, dopo pochi giorni dal suo arrivo, il centro motore da cui partivano ordini e direttive verso le capitali di tutti gli Stati dello penisola. I dissensi tra il tracotante ministro e i nostri plenipotenziari si manifestarono sin dalle prime riunioni, durante le quali egli, arbitrariamente, prima di ricevere il progetto proparato dallo Schwarzcnberg, chiese (e si stupì lo stesso Hadetzky), nientemeno che un'indennità di guerra di 200 milioni di fiorini, mentre l'articolo primo aggiunto e addizionale del progetto considerava la somma di 50 milioni corno la massima da addebitarsi al Piemonte. E di qui irrigidimenti, interruzioni dei lavori anche por interi mesi e riprese con terribili scoppi d'imprecazioni e insulti dell'indomito personaggio, a cui solo la dìsap-