Rassegna storica del Risorgimento
OMODEO ADOLFO LETTERE
anno
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1965
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pagina
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49
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Le Lettere di Adolfo Omodeo 49
nelle grandi personalità creatrici, nelle loro idee e nelle loro manifestazioni spirituali.
Negli stessi anni precedenti la prima guerra mondiale, l'epistolario offre interessanti spunti relativi al pensiero polìtico dell'Omodeo. La nota dominante è data da un amore della Patria intesa come entità morale e spirituale, come terra, cultura e tradizione (lettera del 24 ottobre 1911, p. 11), cke egli contrappone alla meschina amministrazione di Giolitti nell'interesse della dinastia borghese dei Sabaudi (ivi, p. 12). Questo amore di Patria rivela anch'esso il bisogno dell'Omodeo di rompere le barriere fra cittadini di cultura diversa, per fonderli in una profonda volontà che tutto abbracci che tutto vincoli in cui tatto converga (lettera del 14 novembre 1911, p. 14). Tuttavia, pur volendo tenersi lontano dal nazionalismo, il suo amore di Patria ha un tono profetico di stampo mazziniano e giobertiano (ivi, p. 14, e lettera del 13 maggio 1915, p. 100), cioè di Mazzini e Gioberti interpretati da Gentile come profeti del Risorgimento italiano, che pone al centro delle preoccupazioni dell'Omodeo il posto che spetterà all'Italia nel mondo (ivi, p. 100), che gli detta qualche accento di romanesimo (lettera del 9 novembre 1913, p. 72), e soprattutto che gli fa sentire, al modo idealistico, che l'Italia sono io (lettera del 27 ottobre 1912, p. 39).
Esperienza fondamentale nella vita e nella cultura dell'Omodeo fu la parte cip azione volontaria alla guerra mondiale, alla quale si deve il gruppo più consistente e alcune fra le lettere più belle dell'epistolario. ÀI centro di questa esperienza è la scoperta, come dice il Galante Garrone nella prefazione, dell'umanità degli umili soldati e degli ufficiali di complemento , un richiamo alla realtà viva e dolente del paese (p. XXXVili), cioè il consapevole sforzo compiuto da un uomo di cultura di integrare nel proprio mondo una concreta esperienza di vita. Perciò l'Omodeo, pur avvertendo nella vita militare un arresto nel pensiero , ritiene che per essere soldato sia necessario questo interno irrigidimento (lettera del 23 luglio 1915, p. 103), perchè la guerra fa parte della sua mfljan- (17 ottobre 1916, p. 147). Perciò egli accetta non solo la realtà di dolore e di morte imposta dalla guerra, ma la lunga, affliggente routine di privazioni, di umiliazioni, di angustie provocate dai rapporti con i colleghi e con i superiori, di snervanti attese; accetta, insomma, non la guerra bella ed ce eroica (3 aprile 1917, p. 185), ma quella che implica una dura prova di tenacia e di resistenza: La vera fatica scrive alla moglie il 30 aprile 1916 è questo tener duro, il resistere al logorio d'ogni giorno vissuto in una vita diversa, vuotarsi d'ogni altra cura, d'ogni altro pensiero, trasformarsi in una vivente cariatide che regge ad uno sforzo che non cessa mai, e che pare duri eterno, e che pare debba interdirti in eterno di gustar la vita già vissuta, la gioia della paternità e della famiglia, i quieti lavori, le gioie serene del pensiero, le ardenti marce nei campi della scienza (p. 121). E per alleviare questa fatica, pur in mezzo alle tribolazioni della guerra, egli si immerge talora nei suoi studi, e traduce il Nuovo Testamento, e legge Kant. Il significato ideale che l'Omodeo dà alla guerra, che, se non si può dire aia stata l'ultima guerra del Risorgimento, fu però combattuta dai figli del Risorgimento , come egli si esprìmerà più tardi in Momenti della vita di guerra (Dai Diari e dalle Lettere dei Caduti) (Bari, 1934), p. 389, è quello di una espiazione per le vigliaccherie nazionali , per lassa, Custoza e la settimana rossa (lettera del 22 aprile 1917, p. 189), di una premessa per il rinnovamento nazionale, di un confronto vittorioso fra i liberi popoli inermi e la macchina meravigliosa dell'esercito tedesco (13 novembre 1918, p. 341).
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